Figli adottivi non riconosciuti: pronta la nuova legge per ritrovare la madre biologica

ROMA – Prima vittoria in Parlamento per i figli adottivi non riconosciuti dalla madre biologica. Si va verso una nuova legislazione che consentirà loro – a differenza del passato – di poter arrivare a conoscere la sua identità, specie nel caso che la persona sia deceduta.
Oggi 22 ottobre la Commissione Giustizia della Camera ha approvato un testo base unitario che riunisce le otto proposte di legge finora presentate da più parti politiche. Ci sono 10 giorni per l’approvazione di eventuali emendamenti e poi il testo andrà all’assemblea di Montecitorio per il voto finale.
Passaggio fondamentale della futura normativa sarà la possibilità (su cui si era già espressa favorevolmente la Corte Costituzionale) di interpellare – su richiesta del figlio naturale – la madre biologica per conoscere la propria disponibilità a fornirgli la propria identità. Una prospettiva finora non consentita dalle legge in vigore, voluta per tutelare il cosiddetto «parto in incognito» di madri che non avrebbero avuto la possibilità di crescere il proprio figlio e alle quali, pur di non abortire o ancora peggio di non abbandonarlo magari in un cassonetto, è consentito di non figurare nell’atto di nascita del bambino. Se però, a distanza di anni dalla dichiarazione (resa al momento dell’«abbandono») di non voler essere nominata, la madre avesse cambiato idea, tanto vale – sostengono i promotori della legge – avvicinarla e chiedere il suo parere.
La proposta di legge comprende anche la possibilità per la stessa madre di revocare spontaneamente la volontà di non essere nominata. È una novità di rilievo, che potrebbe agevolare il riavvicinamento tra persone che si stanno cercando.
Altro punto determinante della nuova norma di cui si sta occupando la Camera è che la possibilità di chiedere al Tribunale di conoscere l’identità della propria madre sussiste anche se questa è deceduta. Una situazione molto frequente, considerato che una buona parte di figli adottivi non riconosciuti in Italia sono nati tra gli anni ’50 e ’80. Loro unico desiderio – come già evidenziato in un recente convegno svoltosi a Firenze – è quello di ritrovare le proprie origini e la propria identità. Fosse solo per portare un fiore sulla tomba della madre (e possibilmente anche del padre) naturale. Senza certamente rinnegare la famiglia che li ha adottati e che li ha fatti crescere con l’amore che sarebbe mancato loro.
Soddisfazione è stata espressa dal «Comitato Nazionale per il Diritto alla conoscenza delle origini biologiche» che da anni si batte per un cambiamento della normativa. «È stato finalmente sancito il diritto a conoscere la propria identità e la propria storia – commenta la presidente Anna Arecchia – un importante passo avanti ma non è ancora tutto. La fine dell’anonimato per la madre deceduta deve poter essere esteso anche alla madre che, disgraziatamente, sia incapace di intendere e volere nonché a quella irreperibile, che come tale non potrebbe essere interpellata». «Ci aspettiamo inoltre – conclude Arecchia – che il Parlamento consenta ai figli che abbiano superato almeno i 40 anni di età l’accesso diretto ai dati della madre. Ci sembra un tempo ragionevole per il riconoscimento di un tale diritto. Un tassello fondamentale, quello del completamento dell’identità, che dà sicuramente serenità al figlio, ma, ne siamo certi, anche pace alla madre».
Ecco il testo approvato oggi all’unanimità dalla Commissione Giustizia della Camera con tre astensioni.
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Emilia
Finalmente viene riconosciuto un diritto fondamentale, la cui negazione ha portato tante sofferenze! Solo attraverso un’opera solidale continua e ambiziosa, come quella del Comitato nazionale per il diritto alle origini ci si poteva riuscire. Onore anche al Giudice Luciano Trovato che ha sollecitato la Sentenza della Corte Costituzionale al proposito.