Elezioni regionali in Emilia e Calabria: astensione colossale. Schiaffo alla politica. Vince lo zoccolino duro del Pd. Avanza la Lega

ROMA – E’ stato uno schiaffo simbolico ma sonoro degli elettori alle Regioni: un’astensione così alta, soprattutto in Emilia Romagna, significa che la gente è stanca di questa politica ma anche di amministrazioni che tassano, mettono super ticket e non difendono il territorio. Si spiegano così i risultati delle elezioni di ieri in Emilia Romagna e Calabria. Dove vince non tanto il centrosinistra, ma lo zoccolino duro del Pd.
Il responso delle urne, a spoglio ormai quasi ultimato, sancisce la vittoria dei due candidati del Pd Stefano Bonaccini in Emilia con il 49% dei voti e Mario Oliverio in Calabria con 61,6%. In Emilia Romagna si registra il dato più eclatante del non voto: si è recato, infatti, alle urne soltanto il 37,7% degli elettori contro il 68,1 delle elezioni precedenti e contro il 70% delle europee. Sei su dieci elettori non hanno votato.
L’astensione è stata più contenuta in Calabria dove hanno votato il 43,8% degli aventi diritto rispetto al 59% del 2010 mentre il dato è sostanzialmente in linea con il 45,8% delle europee. In Emilia Romagna Stefano Bonaccini si è affermato su Alan Fabbri, candidato leghista del Centrodestra, che si è fermato poco sotto la soglia del 30%, segnando un deciso balzo per il Carroccio. Il Movimento Cinque Stelle, invece, con Giulia Gilbertoni,non va oltre il 15%.
In Calabria, Oliverio registra una netta affermazione sul Centrodestra che si presentava diviso, con Wanda Ferro (Fi-Fdi) intorno al 23% e Nino D’Ascola intorno al 9%. Giù il Movimento Cinque Stelle con Cono Cantelmi che si attesta intorno al 4%.
LEGA – Può essere moderatamente soddisfatta la Lega di Matteo Salvini, che è avanzata in Emilia in maniera massiccia, coltivando aspirazioni da secondo partito addirittura in campo nazionale. Ma l’opinione generale è che questo test sia solo un campanello d’allarme per la politica: un altolà, a chi governa e amministra, di un Paese economicamente allo stremo, alle prese con un’immigrazione ingovernabile e stanco di un teatrino politico. Se non si capiscono questi segnali c’è davvero il pericolo che le piazze scoppino.
