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Censis, De Rita: «L’italia è un Paese che non rischia e non investe più». Ha il «capitale inagito»

Giuseppe De Rita
Giuseppe De Rita

ROMA – Siamo il paese del «capitale inagito». Il Censis,  come ogni anno, presenta il rapporto sulla situazione sociale del Paese. E ogni anno conferisce un titolo particolare alla deriva verso la quale ritiene avviato il Paese. Quest’anno, secondo gli esperti del centro di De Rita, saremmo il paese del «capitale inagito». Che vuole significare una realtà nella quale l’Italia avrebbe numeri, potenzialità, risorse sufficienti per uscire dalla crisi, ma le teniamo bloccate. Teniamo da parte i soldi, perché non sappiamo cosa ci riserva il futuro: e questo si capisce. Ma teniamo da parte soprattutto le «risorse umane» e «la cultura come fattore di sviluppo».

CRISI – Secondo il Censis, però, il picco negativo della crisi sembra ormai alle spalle, ne è convinto il 47% degli italiani, ma adesso a prevalere è l’incertezza sul futuro. Il 60% teme, infatti, di diventare povero da un momento all’altro. I redditi crollano, le famiglie si rifugiano nel risparmio. Un capitale umano di 8 milioni di individui che vorrebbe ma non riesce a trasformarsi in energia lavorativa. Giovani umiliati con lavori sotto inquadrati, rispetto al proprio titolo di studio, o “ibridi”; uno su due ha un’occupazione temporanea, intermittente o ha una finta partita iva.

GIOVANI – Non riusciamo purtroppo a valorizzare i nostri giovani, che sono più preparati della generazione precedente, più motivati, più internazionali, più «smanettoni» (cioè con maggiore familiarità con le nuove tecnologie), ma risultano emarginati dal lavoro e dalla vita attiva. E ancora. Il Censis afferma che ci sono 8 milioni di italiani «inutilizzati»: tre milioni sono i disoccupati, 1 milione e ottocentomila gli «inattivi» perché scoraggiati dalle infinite ricerche, e altri tre milioni i cittadini che vorrebbero lavorare se solo si presentasse l’opportunità. Di questa variegata moltitudine la metà (50,9%) è costituita da giovani sotto i 34 anni. Ma a un livello di età ancora inferiore, quelli che più propriamente si chiamano giovani,di 4,7 milioni under 34 formalmente autonomi e che vivono per conto loro, almeno un milione è povero e non arriva a fine mese, mentre 2,4 milioni ci arrivano ma solo con il costante aiuto di genitori e nonni. La condizione lavorativa di una grande massa di giovani occupati, infatti, è definita dal Censis «ibrida»: oggi si lavora, domani no, poi di nuovo sì e così via a intermittenza. Di contro gli over 50 lavorano più di quanto non facessero 5 anni fa: più 19,1% .

MENO – Ma il Censis valuta anche i fenomeni col segno «meno». In un paese che arranca c’è meno fiducia nell’istruzione come investimento: tra il 2008 e il  2013 gli iscritti all’università sono diminuiti del 7,2% e le immatricolazioni del 13,6%. Si fanno meno figli: lo scorso anno si è toccato il minimo storico 514 mila, 62 mila in meno di 5 anni fa. Si fanno meno investimenti: il 23% in meno in 5 anni. E infine si risparmia anche sul cibo: i consumi alimentari sono crollati del 12,9%.

CONSUMATORI – L’analisi del Censis è stata subito utilizzata dalle associazioni dei consumatori per criticare l’azione, o meglio la non azione del Governo. Federconsumatori e Adusbef commentano: «I dati diffusi oggi dal Censis fotografano la drammatica situazione in cui il nostro Paese versa da ormai troppo tempo. Il quadro descrittive una situazione in cui aumentano le diseguaglianze e la vulnerabilità della popolazione, mentre si contraggono spese e consumi».

DE RITA – Le conclusioni a cui giunge il Presidente dell’Istituto, Giuseppe De Rita sono particolari. Secondo lui ora vi e’ un forte bisogno della politica, che movimenti le “7 giare” cioe’ i sette mondi asistemici, in cui si sono arroccati gli italiani. Le sette giare sono «il circuito finanziario, la politica nazionale, le istituzioni, la minoranza attiva delle imprese vitali, il sommerso, la gente comune e il mondo della comunicazione. Tutte – ha spiegato – hanno una potente vitalità interna ma nessuna efficacia esterna: nulla trapela e trasuda fuori di esse nella società».

FIRENZEPOST – I suggerimenti del Presidente De Rita non aggiungono in realtà molto a quanto già non si sapesse. Sulla scarsa  volontà d’investire dei nostri imprenditori, FirenzePost è intervenuto a proposito della Toscana diventata terra di conquista per algerini (acciaio), argentini (aeroporti), francesi (moda), americani (Nuovo Pignone) e ora, a quanto pare, anche per i cinesi che vogliono conquistare il Monte dei Paschi. La mancanza di propensione al rischio e alla volontà d’investire degli industriali italiani è arcinota. E per scoprire  tutto questo non occorrevano le  immaginifiche sette giare di De Rita e lo sforzo annuale degli esperti del Censis per certificarlo. Speriamo comunque che il Governo prenda nota e si avvii verso la realizzazione di provvedimenti concreti per la ripresa: che ancora non si vede nemmeno all’orizzonte.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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