Pensioni, buona notizia: nel 2015 saranno tutte rivalutate dello 0,3%

ROMA – L’Inps ha annunciato che nel 2015 tutti gli assegni (compresi quelli oltre il minimo dei 6 volte) saranno rivalutate dello 0,3%. E’ il minimo, dopo anni di mancata rivalutazione al costo della vita. Del resto, i pensionati che hanno pagato fior di contributi continuano a essere i primi e più fedeli contribuenti. Dagli ultimi dati, e dai conti dell’Inps, emerge una realtà: i lavoratori italiani non si pagano la futura pensione solo coi contributi, ma anche, in buona parte, con le tasse. Questo è vero soprattutto per i lavoratori dipendenti i cui redditi non sfuggono per un solo centesimo al fisco e che in pratica pagano le pensioni loro e degli altri che invece possono evadere fisco e contributi. E’ la realtà che emerge analizzando i conti dell’Inps, debitore verso lo Stato di circa 100 miliardi l’anno ripianati grazie alla leva fiscale. Una falla che il nuovo direttore Inps Tito Boeri è chiamato a chiudere. Ma torniamo all’annuncio della rivalutazione dello 0,3% di tutti gli assegni pensionistici. Vediamo nel dettaglio.
I NUMERI: L’Inps ha pagato nel 2014 324 miliardi (stima) e ne pagherà 328 nel 2015 e 333 nel 2016. Incassando rispettivamente 313, 319 e 324 miliardi negli stessi tre anni dallo Stato. Per ogni 126 pensioni erogate ci sono appena 100 lavoratori che contribuiscono a pagarle. E’ il saldo tra un paese che paga una pensione (23 milioni) ogni 2,5 abitanti, ha 16,5 milioni di pensionati e ha perso circa un milione di posti di lavoro.
MALATTIA: Causa non indifferente di “uscite” resta la malattia. Ecco il dettaglio uscite Inps: per le pensioni propriamente dette 266,9 miliardi nel 2013, per malattia, maternità e Tfr pubblici: 36,3 miliardi. Per le pensioni sociali 15,8 miliardi.
EX INPDAP: “Secondo l’ultimo rapporto annuale (del 2013) l’Inps ha un rosso di quasi 10 miliardi e per finanziarsi ha bisogno di 100 miliardi di trasferimenti dallo Stato all’anno – afferma Stefano Caselli, prorettore dell’Università Bocconi – L’acquisizione dell’Inpdap, nel 2012, le ha dato il colpo di grazia: raddoppiati i debiti con lo Stato, dimezzato il patrimonio netto. O lo Stato e i contribuenti mettono mano al portafoglio, finanziando le maggiori uscite, o si riducono le spese”. E per non tagliare le pensioni, una via è il controllo rigoroso delle spese per malattia, per esempio, che pesano molto. Eclatante il caso recente dei vigili a Roma.
ENTRATE: Se è vero che nel 2013 le entrate correnti dell’Inps sono salite a 312 miliardi e sono cresciute progressivamente dal 2010, questo non basta a garantire il futuro. L’incremento non è infatti dovuto ai maggiori contributi versati da chi dovrà avere la pensione, bensì proprio ai maggiori trasferimenti pubblici che sono aumentati a 98,4 miliardi (quasi 100, appunto) dagli 84 del 2010.
SPESE: Le spese correnti, d’altro canto, sono cresciute nello stesso periodo a 322,2 miliardi, del 40% (91 miliardi) in quattro anni. Se non si vuole per il futuro mettere di nuovo mano alle pensioni, o chiedere un nuovo contributo ai lavoratori, un’unica possibilità: diminuire le uscite. Per arrivare a questo, come suggerisce lo stesso Caselli: “L’Inps ha una banca dati eccezionale, potrebbe usarla per vendere prodotti correlati, come assicurazioni sulla vita, costituendo un intermediario finanziario”.
RIVALUTAZIONE: L’Inps ha aggiornato, aumentandoli, gli importi degli assegni pensionistici del 2015: la rivalutazione vale lo 0,3%. Nella circolare Inps si prende atto dei dati definitivi sull’inflazione del 2014, attestata all’1,1% (quella programmata era all’1,2%). Da qui la rivalutazione dello 0,30%. Rivalutazione che vale per tutti (ex Enpals compresi), anche per i titolari di assegni superiori a sei volte il minimo. Rivalutate anche le prestazioni pensionistiche destinate agli invalidi civili, ciechi e sordomuti. Per quanto riguarda le pensioni a carico dell’ex Inpdap, per le quali continua a trovare applicazione una specifica normativa di settore, nei casi in cui l’indennità integrativa speciale sia corrisposta come emolumento a sé stante dalla voce pensione, ai fini dell’individuazione della fascia del trattamento complessivo cui applicare gli aumenti percentuali della perequazione si tiene conto anche dell’indennità integrativa speciale.
