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Diario da Auschwitz 2015: capelli rasati, occhiali, valige dei deportati. Gli studenti toscani osservano in silenzio (VIDEO)

Gli studenti del Treno della Memoria attendono di entrare ad Auschwitz
Gli studenti del Treno della Memoria attendono di entrare ad Auschwitz

AUSCHWITZ – «Quando ho visto la sala con i capelli rasati alle donne dagli aguzzini e ammassati tutti insieme per farci poi tessuti e perfino calzini, mi sono sentito male dentro». Marco, dell’Istituto tecnico «Manetti» di Grosseto, è a pranzo, come tutti gli altri studenti partiti da Firenze sul Treno della Memoria, al termine della lunga visita al campo di concentramento di Auschwitz I nel terzo giorno del viaggio, oggi 21 gennaio 2015.

Marco, Simone e Diletta, studenti di Grosseto in pausa dopo la visita ad Auschwitz
Marco, Simone e Diletta in pausa dopo la visita

L’interruzione del cronista però non lo disturba, anche se avrebbe pieno diritto a una pausa. Così come non dà fastidio ai suoi compagni di tavolo: Simone, anche lui del «Manetti», Diletta e Irene, del liceo «Rosmini» di Grosseto, Chiara, Giulia e Filippo. Hanno voglia di parlare gli studenti. «Ho realizzato davvero dove mi trovavo quando la guida ci ha mostrato lo strettissimo cunicolo in cui i deportati venivano fatti passare carponi, nei sotterranei…», spiega Irene. Ma l’immagine più forte la dà forse Diletta: «Quando al termine della visita abbiamo dovuto rimettere a posto le cuffie audio poggiandole tutte in fila su un’asta, assiepate insieme, mi sono spaventata e ho detto ai miei compagni ‘ non mettiamole a posto tutti insieme, sembrano la massa degli occhiali dei deportati, sottratti e ammassati tutti insieme dai nazisti…».

Gli studenti di Grosseto in pausa, a pranzo dopo la visita ad Auschwitz
Gli studenti di Grosseto a pranzo dopo la visita ad Auschwitz

Emozioni profonde e violente, difficili da raccontare con le parole. Ma Auschwitz I è «uno strano museo», avverte la guida, l’italiano Michele Andreola, che da alcuni anni lavora e vive in Polonia. «Ciò che vedete qui, anche i pelapatate, le forbici, le pentole, le posate, i pettini, le valige stesse in cui i nazisti ordinavano agli ebrei di accumulare fino a 50 chili di bagagli alla partenza verso i lager non sono oggetti come in qualsiasi altro museo. Sono storie, sono persone». È un tipo tosto Andreola. Conduce studenti, professori e giornalisti alla visita rispettando i tempi contingentati della ferrea organizzazione museale. La quale ha imposto, da ieri 20 gennaio, il controllo col metal detector, uno per uno, dei visitatori all’ingresso del campo.

Auschwitz, le valige accatastate dei deportati
Auschwitz, le valige accatastate dei deportati

Al tempo stesso però Michele pone domande ai ragazzi, li stimola, sembra un ottimo didatta. E trova negli studenti degli interlocutori validi, di fatto un’élite di giovani tanto preparati quanto spontanei. Davanti alla fotografia, scattata dopo la guerra a un sopravvissuto nato nel campo di Auschwitz, in cui si vede il tatuaggio del lager non sull’avambraccio sinistro ma su una gamba, Michele domanda ai ragazzi il perché. «Perché i bambini erano tatuati sulla coscia», rispondono gli studenti. «Bravi, siete molto preparati – ammette di rimando la guida – furono 44 i bambini sopravvissuti al campo di concentramento e sterminio che erano nati, e dunque tatuati, ad Auschwitz».

Auschwitz, la deposizione della corona al Muro della Morte
Auschwitz, la deposizione della corona al Muro della Morte

Gli studenti hanno potuto visitare molte altre cose: dal Crematorio, con la camera a gas e i forni, al Muro della Morte, dove erano fucilati i prigionieri davanti a una barriera creata ad arte per evitare il rimbalzo delle pallottole e dunque attutire il rumore degli spari. Proprio al Muro della Morte è culminato il secondo corteo, dopo quello di Birkenau, degli studenti e di tutti i partecipanti al Treno della Memoria, con i gonfaloni di Firenze, della Regione Toscana e dell’Associazione nazionale deportati. I ragazzi, partiti davanti all’ingresso del campo, sono passati sotto la tristemente celebre scritta «Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi, ndr.)» hanno deposto una corona sul luogo delle fucilazioni, poi l’assessore Anna Rita Bramerini, i dirigenti della Regione e il più giovane consigliere comunale fiorentino, Cosimo Guccione, 22 anni, hanno tenuto brevi discorsi.

Auschwitz, da sin. Valleri Keloniki, presidente del Parlamento degli Studenti, con i suoi collaboratori
Auschwitz, da sin. Valleri Kleoniki, presidente del Parlamento degli Studenti, con i suoi collaboratori

Ha parlato, molto applaudita, anche una ragazza di 18 anni: Valleri Kleoniki, la presidente del Parlamento regionale degli studenti, organismo del Consiglio regionale toscano. «Quando tornerete a casa – ha detto Valleri – non pensate di voler salvare il mondo…ma impegnatevi a cambiare la vostra vita quotidiana, apprezziamo le differenze, lottiamo contro le discriminazioni. Ciò che è già accaduto qui impediamolo, per favore».

Davanti al piazzale col Muro della Morte è stata inoltre ufficializzata la traslazione – che avverrà nel corso di questo anno – del Memoriale italiano alle vittime dello stermino, presente al Blocco 21 di Auschwitz, a Firenze, in piazza Gino Bartali a Gavinana nelle sede che ospitava il centro di arte contemporanea Ex3. Un’operazione condotta congiuntamente dalla Regione e dal Comune di Firenze dopo l’appello un anno fa fatto al presidente Enrico Rossi dal presidente dell’Associazione nazionale dei deportati nei campi nazisti Gianfranco Maris. L’Aned è infatti proprietaria dell’opera. Opificio delle Pietre Dure e Centro per il restauro si occuperanno del Memoriale, che, inaugurato nel 1980, non era più visitabile dal 2011. Per i partecipanti al Treno della Memoria è stata fatta un’eccezione ed è stato consentito l’accesso al Blocco 21.

Nel pomeriggio i 500 studenti delle scuole toscane in viaggio ad Auschwitz hanno partecipato a Cracovia all’incontro con le sorelle Tatiana e Andra Bucci, Vera Michelin-Salomon e Marcello Martini. Storie di sopravvissuti, e motivi diversi per cui furono deportati: l’origine ebraica o l’adesione alla Resistenza. Storie accomunate dalla persecuzione nazista ma non solo, anche dal fattore della giovane e giovanissima età che non evitò loro di patire le sofferenze dei campi di sterminio. Altri contributi sono venuti da testimonianze filmate, a partire da quella del fiorentino Antonio Ceseri, uno dei 600 mila IMI, internati militari italiani, che all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 non accettarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini e per questo si ritrovarono al lavoro forzato in Germania. Fu il primo atto della Resistenza al nazifascismo.

 

VIDEO

Ritorno ad Auschwitz

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Domenico Coviello

Giornalista

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