Banca Etruria, nel mirino di magistratura e Consob i guadagni in Borsa prima del commissariamento

AREZZO – Il commissariamento della Banca dell’Etruria e del Lazio, deciso mercoledì scorso 11 febbraio dal Mef su richiesta della Banca d’Italia, potrebbe avere collegamenti con l’inchiesta aperta dalla procura di Roma su «atipiche» operazioni di borsa alla vigilia della decisione del Governo Renzi (del 20 gennaio scorso) di avviare per decreto la trasformazione in spa delle maggiori 10 Banche popolari italiane, tra cui proprio Banca Etruria. Insomma, questa è l’ipotesi all’esame della magistratura, «chi sapeva» per tempo avrebbe avuto modo di fare grossi guadagni in borsa. Quello che tecnicamente si chiama, né più né meno, «insider trading». Non a caso dal 3 gennaio al 9 febbraio scorso i titoli di tutte le popolari sono cresciuti da un minimo dell’8% (Ubi) a un massimo del 57% (Banca dell’Etruria e del Lazio). Una tesi tutta ancora da dimostrare, su cui sarebbero comunque già al lavoro sia la Consob che la Guardia di Finanza.
Al momento le uniche inchieste aperte sono a Roma, su tutte le Popolari, e quella che il procuratore aretino Roberto Rossi aprì nel 2013 dopo che gli ispettori di via Nazionale trasmisero a lui le risultanze del loro lavoro a Banca Etruria allora guidata da Giuseppe Fornasari. Quest’ultimo è uno dei tre iscritti nel registro degli indagati (gli altri sono l’ex direttore generale Luca Bronchi e il dirigente David Canestri). Per loro l’accusa sarebbe di falso in bilancio.
Ora sotto la lente degli ispettori della Banca d’Italia sono finite le gravi perdite del patrimonio della banca aretina. Sembra che i conti 2014 siano in attesi in perdita per oltre 140 milioni di euro, in particolare per la concessione di crediti risultati poi di difficile esigibilità.
Dopo il commissariamento di Banca Etruria di mercoledì scorso, gli ormai ex vertici dell’Istituto (presidente Lorenzo Rosi e il cda, tra cui il vice presidente Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme e per i Rapporti con il Parlamento) sembrerebbero intenzionati a ricorrere al Tar, contro il commissariamento deciso dal Ministero dell’Economia e Finanze e da Bankitalia. Ma nessuno si sbottona, a cominciare dallo stesso Boschi che conferma: «Non ho niente da dire».
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