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Benzina, prezzi in risalita: verde a 1,643 euro al litro, diesel a 1,576. I gestori: colpa della guerra in Libia

Stop alle pompe di benzina per lo sciopero dei gestori
Carburanti, torna a salire il prezzo alla pompa

FIRENZE – Tornano a salire in tutta Italia i prezzi alla pompa dei carburanti, a cominciare dalla benzina verde. Dopo la fiammata, venerdì scorso, dei prodotti «oil» sui mercati internazionali, a ritoccare i listini di benzina e diesel erano stati, sabato 14 febbraio, Eni (+1,5 cent/litro), Ip (+0,8 cent) ed Esso (+1 cent). Oggi, 16 febbraio, prezzi in crescita anche da TotalErg (+2 cent) e a causa di un nuovo rialzo della stessa IP (+1 cent).

VENTI DI GUERRA – Per alcuni mesi, da ottobre a metà gennaio, i prezzi al barile del petrolio sono calati nettamente, anche fino a 45 dollari. Adesso però sono risaliti a oltre 60 dollari al barile. E, come avviene sempre, sull’aumento del prezzo finale alla pompa, incidono i «venti di guerra», che in questi giorni soffiano anche sulla Libia.

BENZINA – In Italia all’aumento dei prezzi non fanno eccezione le compagnie indipendenti di distribuzione, le cosiddette «no-logo». E secondo quanto i dati di un campione di impianti per il servizio Check-Up Prezzi QE, il prezzo medio praticato «servito» della benzina va oggi dall’1,643 euro/litro di Eni all’1,662 di Tamoil (no-logo a 1,487).

DIESEL – Per il diesel si passa dall’1,564 euro/litro di Eni all’1,576 di Esso e Q8 (no-logo a 1,397). Il Gpl, infine, è tra 0,588 euro/litro di Esso a 0,625 di Shell (no-logo a 0,570). Le punte massime sempre sul «servito» (no-logo escluse), osservate per tutti e tre i prodotti nell’Italia meridionale, risultano in salita a 1,736 euro/litro per la benzina e a 1,628 euro/litro per il diesel, mentre sono stabili a 0,653 euro/litro per il Gpl.

GLI ESERCENTI – «La cosa che mi fa davvero arrabbiare – spiega Andrea Stefanelli, presidente toscano di Faib Confesercenti, associazione di categoria che tutela gli interessi dei benzinai – è che i gestori passano spesso come i colpevoli dei rincari, sebbene adesso ci sia maggiore coscienza fra i cittadini che non è così. Il problema ora è da far risalire ai venti di guerra che arrivano dalla Libia. Il greggio aumenta quando ci sono tensioni internazionali». A dimostrazione delle sue argomentazioni, Stefanelli snocciola i dati: «Quando si va dal benzinaio il 65-68% del prezzo alla pompa è dato da accise e tasse, sono soldi, cioè, che vanno allo Stato. Al gestore resta il 2-2,5% dell’ incasso, che quindi è un utile lordo e non netto. Il resto sono i guadagni delle compagnie petrolifere, e i costi: del trasporto, della lavorazione, ecc.».

Per benzinai e gestori della aree di servizio, lamenta Stefanelli, c’è anche da sostenere il pesante costo delle commissioni sui pagamenti dei clienti con carta di credito / bancomat, oltre a quelli delle attrezzature per il Pos (il pagamento elettronico). «A livello nazionale manca la volontà politica di fare chiarezza – dice Stefanelli – del resto se pensiamo che, ad esempio, Eni è fra le maggiori compagnie che distribuiscono carburanti e pensiamo a chi è il proprietario di Eni…».


Domenico Coviello

Giornalista

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