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Dipendenti statali: così cambierà per loro l’articolo 18 sui licenziamenti

Marianna Madia
Marianna Madia

ROMA – Il ministro Marianna Madia torna sulla spinosa questione dell’applicabilità della nuova normativa sul lavoro agli statali, e in particolare sull’eliminazione dell’art. 18, non estesa al pubblico impiego: «Già oggi per i licenziamenti equiparabili a quelli ‘economici’, esiste la messa in disponibilità per due anni, con l’80% dello stipendio, prima del licenziamento. Con la delega semplificheremo poi i provvedimenti disciplinari per poterli utilizzare concretamente. Oggi lungaggini burocratiche e di altro tipo rendono troppo complicato il meccanismo. A fianco di tale semplificazione, ritengo comunque che il reintegro sul posto di lavoro, per un dipendente pubblico licenziato per motivi disciplinari, debba essere sempre possibile perché ci deve essere la possibilità di porre rimedio a scelte sbagliate, nell’interesse della collettività».

Dunque anche i pubblici dipendenti non saranno esenti da licenziamenti, sia pure attraverso un altro strumento, diverso da quello approvato dal Governo per i lavoratori dipendenti privati. Ma comunque non avranno privilegi rispetto ad altre categorie. Anzi, mi sembra che gli statali, che da cinque anni non rinnovano il contratto e hanno quindi gli stipendi bloccati, siano, insieme ai soliti pensionati, fra i più vilipesi e sacrificati da questo Governo, molto attento invece agli interessi e alle richieste della grande industria. Non sono certo casuali i complimenti reciproci fra Sergio Marchionne e Matteo Renzi. Una bella alleanza forse contro la Cgil della Camusso?

Ma, tornando ai pubblici dipendenti, il ministro Madia ha annunciato che entro la fine di marzo si definirà una sfida non da poco per l’esecutivo sulla mobilità dei travet, come conseguenza delle riforma delle Province: «Sui 39 mila dipendenti provinciali complessivi, sono circa 19 mila quelli necessari alle funzioni che restano – afferma – siamo di fronte alla più grande operazione di mobilità della storia repubblicana. È nella filosofia della riforma: il dipendente pubblico non può essere considerato ‘proprietà privata’ di questa o quell’altra amministrazione». Quanto alle ‘tabelle di equiparazione’ i sindacati saranno ascoltati ma “su questo non torna la vecchia concertazione”. Una “novità” è anche “che la valutazione dell’operato dei dirigenti non sarà più un orpello decorativo”: via “ogni automatismo negli avanzamenti”.

Resta comunque in piedi, anche in questo caso, il problema degli idonei nei concorsi statali che non saranno assunti nei prossimi due anni, con lo scorrimento delle graduatorie, perché soppiantati dai ‘vecchi’ dipendenti delle province. Non si favorisce certo così l’innesto di energie nuove nella pubblica amministrazione, né si favoriscono i giovani. Al di là dei grandi proclami del premier Matteo Renzi. Anche in questo caso si privilegiano gli interessi dei più forti (già occupati) e dei sindacati, piuttosto che tutelare i più deboli (giovani in cerca di prima occupazione). Un comportamento che rientra perfettamente nello stile di questo Governo.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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