Elezioni regionali 2015 in Toscana, un voto che sa di regolamento di conti: nel Pd e nel centrodestra
Avvio moscio. E nell’indifferenza pressoché totale. Ecco la prima impressione su questa campagna elettorale che si consumerà con il voto domenica 31 maggio sia per il presidente-governatore che per i 40 seggi di consigliere regionale. Sette i candidati alla poltrona di comando. Ma gli umori che agitano la Toscana sono legati soprattutto al disagio economico, al lavoro che non riprende e alla disperazione di chi davvero non ce la fa più. Enrico Rossi, ricandidato direttamente da Matteo Renzi, senza primarie o consultazioni di partito, è avviato alla conferma. Semmai con l’ipotesi di un commissariamento: i renziani premono perché Stefania Saccardi, oltre a riprendersi la poltrona di vicepresidente, abbia anche l’assessorato alla sanità: che gestisce circa 7,5 miliardi di euro l’anno, praticamente il 75% del bilancio toscano. Poche, a quanto pare, le chance di riprendere il suo posto per Luigi Marroni, assessore alla sanità uscente, manager non politico, in pratica il braccio destro di Rossi: che vorrebbe essere ancora presidente e assessore-ombra. Difficile. Perché i renziani sono decisi, in Toscana come a Roma, a egemonizzare potere e partito.
LOTTA INTERNA– Allora, più che l’impegno per battere un centrodestra sparpagliato, nel Pd queste elezioni hanno i contorni di un regolamento di conti finale. I non renziani inseriti nelle liste delle 13 circoscrizioni cercheranno disperatamente di ottenere (o riottenere) il seggio a Palazzo Panciatichi, ma le loro speranze sono limitate. Quasi tutti, soprattutto se consiglieri uscenti, non sono abituati a cercare le preferenze. Nella passata legislatura vennero nominati: ossia inseriti nei primi posti della lista e garantiti dai voti dati al partito. E’ dal 2000 che, in Toscana, le elezioni regionali si fanno senza le preferenze: cancellate dall’inciucione Ds-Forza Italia del 2005, che aumentò anche i seggi, in maniera irrazionale e costosa, a 65. Ora sono stati ridotti a 40. Ma il ritorno al passato, quando si “combatteva” casa per casa alla ricerca del voto personale, trova candidati non preparati alla lotta. Per chi non ha l’appoggio della dirigenza renziana, le possibilità di farcela sembrano assai ridotte. Non basta il Pd ha un concorrente a sinistra: Sì Toscana, con il candidato Tommaso Fattori, preparato e ben sostenuto. Soprattutto pronto a raccogliere il voto della sinistra che sostenne Rossi nelle elezioni del 2010 e non solo.
CENTRODESTRA – Ma di regolamento di conti si deve parlare anche per il centrodestra. A parte la lista Movimento Cinque stelle di Grillo, al primo impatto nella corsa regionale, si sono spaccati in tre coloro che facevano parte del vecchio Pdl di berlusconiana memoria. Vediamoli nel dettaglio: Fratelli d‘Italia correrà con la Lega. La coalizione è accreditata di una percentuale capace di andare ben oltre il 15% per l’onda di simpatia protestataria che accompagna il leader del Carroccio, Matteo Salvini, anche e per la spinta volitiva di Giovanni Donzelli. E’ invece semisconosciuto, almeno da queste parti, il candidato presidente: l’economista lombardo Claudio Borghi, ferrato nella sua materia, ma per nulla radicato nel territorio. In corsa semisolitaria il grossetano Gianni Lamioni, a capo della lista Passione toscana, espressione di Ncd e Udc che potrebbe avere difficoltà a la soglia del 5% che permette l’accesso a Palazzo Panciatichi. E Forza Italia? Ha aggregato Lega Toscana-Più Toscana, guidata dall’ex capogruppo della Lega Nord in consiglio regionale, Gambetta Vianna. Il candidato presidente forzista, Stefano Mugnai, è però apprezzato e capace: soprattutto per aver fatto 5 anni di opposizione vera s Enrico Rossi, in particolare in materia sanitaria. Come abbiamo avuto modo di scrivere, Mugnai è l’avversario che Rossi non voleva: proprio per la sua competenza. Mugnai, che non è un vecchio arnese della politica e gode di vasta popolarità in campo sanitario (risulta apprezzatissimo perfino da medici e infermieri da sempre schierati a sinistra) . E non manca un candidato fuori dagli schemi dei partiti: Gabriele Chiurli, che guida la lista Democrazia Diretta. E’ consigliere uscente: subentrò allo scomparso Dario Locci, avvocato eletto per la Lega nella circoscrizione di Arezzo, poi passato gruppo misto. Chiurli ha deciso per il fai da te. Morale? Un centrodestra sparpagliato. Che non dà l’impressione di voler sfidare il Pd, ma di volersi contare: quasi che queste non siano elezioni reali, ma delle primarie in vista di sfide future. Quindi una questione muscolare, di schieramento.
NON VOTO – Comunque tutti: sia il Pd che Sì Toscana di Fattori, sia i Grillini che il centrodestra spaccato e sparigliato, dovranno fare i conti con un nemico: l’astensionismo. Anche la Toscana, da sempre regione con la più alta percentuale di votanti, rischia che una vasta percentuale di cittadini scelga di restare a casa. E’ già accaduto in Emilia Romagna, altra antica regione rossa, simbolo di partecipazione. Il non voto sarebbe una sconfitta generale. Anche per colorio che rinunceranno ad andare al seggio. Perché? Molti dimenticano che giunta e consiglio regionale prendono decisioni dirette sulla vita di tutti i giorni: dalla sanità all’urbanistica, dall’agricoltura agli investimenti in economia, fino alle tasse (addizionale Irpef, ticket sanitari, accisa sulla benzina, bollo auto). E’ vero che la politica, oggi, fa venire le bolle. Ma è altrettanto vero che, non votando, si lascia libero di decidere chi vince anche con scarsi consensi. E si trasformano le elezioni regionali in … primarie che sanno, appunto, di resa dei conti. Con la conseguenza di una campagna elettorale moscia, che scivola addosso come l’acqua, senza interessare.