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Tagli alle pensioni: Boeri deve rispettare il principio di equità

Sede Inps
Sede Inps

Gli strani e iniqui propositi esposti da Tito Boeri, presidente dell’Inps, che vuole lottare contro la povertà scippando le pensioni supposte alte, dopo le perplessità sollevate da alcuni membri del governo e della maggioranza hanno provocato anche il giudizio nettamente negativo di due professoresse, esperte della meteria e in passato consulenti dell’Istituto. In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera domenica 25 luglio, Alessandra Del Boca (Professore di Economia all’Università di Brescia e Consigliere di Sorveglianza Ubi) e Antonietta Mundo (Attuario, ex Coordinatore Generale Statistico Attuariale dell’Inps) bocciano su tutta la linea i propositi del bocconiano presidente dell’istituto di previdenza.

CARICO FISCALE – Per tutta una serie di concrete ragioni, innanzitutto riferite all’equilibrio del carico fiscale. Affermano le due esperte: “Il carico fiscale già grava pesante sulle fasce medio-alte: 10,9% dei contribuenti paga 51,2% dell’Irpef; più di 10 milioni di italiani versano in media 55 euro all’anno e quasi 800 mila dichiarano redditi nulli o negativi, contro una ricchezza media pro capite doppia di quella tedesca. Per sostenere chi ha fatto scelte previdenziali a trattamenti bassi si colpisce chi ha contribuito a lungo regolarmente”.

ENTRATE – Inoltre non sono da sottovalutare le conseguenze pratiche di una tale operazione, che si risolverebbe in una perdita netta per lo Stato. Infatti un prelievo da pensioni «ricche» a pensioni povere all’interno del sistema previdenziale cambierebbe i termini della tassazione. Non senza conseguenze macroeconomiche: si tolgono porzioni di reddito pensionistico, tassate ad aliquote marginali Irpef del 38%-43%, per dare somme basse ad altri pensionati, che ricadrebbero nella no tax area o nel primo scaglione ad aliquote del 23%. Si abbasserebbe il gettito Irpef, che lo Stato dovrebbe recuperare con nuove tasse o aumentando il debito. Forse Boeri intende dare così seguito alle grandi promesse di Renzi: ‘entro il 2018 abbasserò le tasse’.

REDDITO MINIMO – Il reddito minimo garantito che viene proposto da Boeri per gli over 55 senza lavoro e senza ammortizzatori è un problema che deve essere risolto attraverso la fiscalità generale, come ha indicato la Corte costituzionale nella sentenza che ha cancellato i contributi di solidarietà imposti alle pensioni più alte. Dovrebbe essere introdotto un nuovo ammortizzatore che copre il rischio di disoccupazione lunga, da porsi a carico della collettività e magari – pro quota – anche delle imprese che licenziano, come avviene negli Stati Uniti.

CONTRIBUTIVO – E concludono: La sfiducia nelle politiche previdenziali, che tolgono a chi ha contribuito di più e più a lungo, è già alta: ne è un esempio il taglio retroattivo del pro quota contributivo, vigente dal 2012, solo per chi ha contribuito oltre i 41 anni, anche se la pensione resta entro il limite di rendimento dell’80% della retribuzione (commi 707-9). Non si può pensare che i pensionati affidino altri risparmi all’Inps mentre vengono minati i loro incentivi razionali a farlo. Pervengono quindi alla conclusione che le alate idee di Boeri sono non soltanto inique ma presentano anche gravi difficoltà d’attuazione. Il patto previdenziale dello Stato con il cittadino non è scritto nella pietra, cambia per arginare le crisi e le variazioni demografiche, ma la sua revisione deve essere accettabile sul piano dell’equità complessiva del Paese.

EQUITÀ – Principio allegramente dimenticato: si vede che gli allievi della Bocconi questi principi non li assimilano proprio. Anche Monti e il suo Governo, con i provvedimenti che hanno imposto il blocco della perequazione delle pensioni (dichiarato incostituzionale) e hanno creato un’imponente massa di esodati, sono caduti nello stesso errore. Cari bocconiani, i latini dicevano ‘errare humanum est, perseverare diabolicum’; e per una volta credo che il latino non abbia bisogno di traduzioni.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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