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Elezioni 2016: il centrodestra dopo Berlusconi. Difficile ricostruire le basi per un nuovo ’93

Renzi e Salvini
Renzi e Salvini

Le amministrative della primavera 2016 potrebbero diventare, come le comunali del 1993, un’occasione per dare vita a un originale laboratorio per il centrodestra? Il rinnovo dei sindaci di Roma, Milano e Napoli costringerà i partiti di quello che resta della vecchia Casa della Libertà – se ci riusciranno – a predisporre un programma comune e attendibile e a individuare personalità in grado di rappresentare nei territori l’alternativa al renzismo? Ventidue anni fa le sconfitte risicate di Gianfranco Fini e di Alessandra Mussolini, e la vittoria di Marco Formentini confermarono la presenza forte di un blocco sociale «non di sinistra» che aspettava solo un suo rappresentante autorevole.

Le premesse del dibattito finora emerso non sono certo favorevoli, troppi i distinguo, le pretese di supremazia, gli obiettivi differenti. Il giornale il Tempo ha intervistato alcuni intellettuali di destra che hanno colto poche analogie e molte dissonanze con quella stagione.

NISTRI – Lo storico fiorentino Enrico Nistri che, alla nascita del Polo delle Libertà dedicò il saggio «I tre anni che sconvolsero la destra» (Logge dei Lanzi), afferma: «Le amministrative possono cambiare gli equilibri politici, come nel 1993. Allora i missini venivano da 50 anni di solitudine, c’era molta incertezza, la destra poteva rimanere emarginata, soprattutto nel centro nord. La sinistra era stata graziata da Tangentopoli e sembrava destinata a un successo plebiscitario. Sul fronte opposto si temeva la riproposizione dell’ascesa della Destra Nazionale del 1972, quando dopo l’avanzata non ci fu un vero radicamento. In realtà il responso elettorale fu molto positivo. Non solo Fini e la Mussolini ebbero un consenso ben più ampio della tradizionale base missina, ma i postfascisti si imposero in molti comuni, espugnando addirittura, con Salvatore Tatarella, il municipio di Cerignola, città di Giuseppe Di Vittorio e roccaforte comunista». Il compito di realizzare un’operazione analoga toccherebbe oggi a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini: «Se si intestano la battaglia delle amministrative, possono dare l’avvio a una riscossa, i cui effetti virtuosi si riprodurrebbero anche sulle future politiche. Candidati politici e inclusivi potrebbero facilitare la riaggregazione di un’area adesso orfana di leader con carisma».

MALGIERI – Scettico appare Gennaro Malgieri, già direttore del «Secolo d’Italia» e dell’«Indipendente»: «Nel 1993 c’erano delle culture politiche di riferimento e un’ansia modernizzatrice nei partiti che intendevano dare vita a un’aggregazione al nord con Fi e Lega e al sud con berlusconiani e missini». Allora però scesero in campo personaggi di alta caratura come «Vittorio Sgarbi, Giano Accame, Pietro Armani, Gustavo Selva, Gaetano Rebecchini, Domenico Fisichella. Nella Lega c’era un politologo di levatura internazione come Gianfranco Miglio. Nella prima Forza Italia con Berlusconi c’erano uomini come Urbani, Melograni, Martino, Pera, Marzano, Rebuffa, Colletti, un’élite intellettuale di primissimo ordine. “Ora chi c’è? – si chiede Malgieri. Si registra invece una mancanza di omogeneità culturale tra i soggetti che dovrebbero dare vita a un nuovo centrodestra. Insomma potrebbe venir fuori un rassemblement per non perdere ma non per governare città complesse».

ROSSI – «Le elezioni della prossima primavera? Possono essere la svolta per il centrodestra»: Giampaolo Rossi, intellettuale cresciuto nella destra eretica di Sommacampagna, sostiene che la corsa per le poltrone di sindaco di Roma, Napoli e Milano è «un punto di non ritorno, al fine di ricreare un indispensabile laboratorio politico». I nodi da sciogliere restano, perché nelle città deve essere scelta come candidato sindaco «una figura carismatica gradita a un mondo di centrodestra eterogeneo, non ascrivibile solo alla destra radicale o sovranista, identificabile con l’ultimo Salvini. Ci vuole anche sintonia con ambienti moderati e settori produttivi, segmenti sociali vicini alle destre e ora lontani». Tutto però sarebbe più facile, conclude Rossi, se «Giorgia Meloni scendesse in campo a Roma, e Matteo Salvini a Milano».

CABONA – Severo infine il giudizio di Maurizio Cabona, intellettuale e studioso di geopolitica: «Viviamo il tempo della “diagonalizzazione” della politica, oltre destra e sinistra, come argomentato da Alain de Benoist. Il centrodestra nei comuni ha dato nell’ultimo ventennio prova della sua debolezza culturale e amministrativa, salvo le eccezioni degli assessori benemeriti alla cultura Carlo Sburlati ad Acqui Terme o Massimo Greco a Trieste». «Come accadde in Francia con i sindaci-deputati – conclude Cabona – Gastone Deferre a Marsiglia o Jacques Médecin a Nizza, i municipi potrebbero generare nuove leadership, ma Lega e destra adesso devono fare i conti con il potere seduttivo sull’elettorato non di sinistra e antisistema del M5S».

Come si può rilevare nelle parole degli intervistati c’è molto scetticismo. Ma nessuno accenna al problema fondamentale, costituito dall’estrema debolezza di Forza Italia, che nel 1994 fu invece l’elemento trainante a Nord come a Sud. L’indebolimento personale e politico (e l’invecchiamento) di Silvio Berlusconi, il fatto che il leader azzurro non sia stato capace di scegliersi un delfino autorevole e capace di prendere in mano il partito, ormai divorato da faide interne e da abbandoni, fa sì che manchi nella possibile coalizione vincente un partito guida che detti la linea politica unitaria. Che sappia recuperare quelle fasce dell’elettorato moderato che hanno abbandonato il centrodestra, sedotte dalle lusinghe di Renzi.

A mio avviso, sarà difficile ripetere la stagione del primo berlusconismo, anche se la disfatta romana del sindaco Marino e del Pd apre le porte, in quella città, a una contesa più aperta. Occorre inoltre tener presente che rispetto a quella stagione si è affermato nel frattempo un movimento di estrema presa popolare come i 5 Stelle di grillo, che potranno fungere sicuramente da terzo incomodo e sconvolgere i piani sia della sinistra che del centrodestra.

In questi vent’anni – da ambo le parti – sono venuti meno (o non s’impegnano) personaggi di alto livello e autorevoli che sappiano catalizzare il consenso degli indecisi e dei delusi della politica. Lo scadimento della nostra classe dirigente, a livello politico e amministrativo, è purtroppo sotto gli occhi di tutti, e dobbiamo accontentarci di quel che passa il convento. Cioé di Renzi o poco più.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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