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Fisco: una escort deve pagare Irpef e Iva sui proventi dell’attività svolta

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Da anni si parla della possibilità di legalizzazione della prostituzione, misura che avrebbe il doppio effetto di rendere più sicura l’attività per le prostitute e per i loro clienti nonché garantire un ulteriore gettito fiscale alle disastrate casse dell’erario italiano. Neppure il rottamatore però si è cimentato in quest’ardua impresa, meglio svuotare le tasche dei pensionati che infierire sulla professione più antica del mondo.

Di fronte all’inerzia dei politici e del legislatore, si stanno attivando però le istituzioni fiscali, attente al problema. Una pronuncia interessante e innovativa della Commissione Tributaria di Savona ha rigettato il ricorso di una prostituta condannata a versare IVA e IRPEF per la sua attività di meretricio svolta dal 2010 al 2012. L’imputata sosteneva che, non essendo regolamentata, la prostituzione fosse da intendersi di conseguenza non tassabile. In realtà il reddito da prostituzione è considerato reddito da lavoro autonomo. In quanto, come già affermato dalla Corte di Giustizia europea, la prostituzione può essere definita come “prestazione di servizi retribuita”, purché la retribuzione venga pagata direttamente dal beneficiario della prestazione stessa.

La donna figurava come addetta alle pulizie ma, dopo la verifica, lei stessa ha ammesso di fare la escort e di guadagnare almeno 36mila euro l’anno. Scatta l’inversione dell’onere della prova secondo cui dopo l’indagine bancaria è il contribuente a dover dimostrare che gli elementi emersi dalle movimentazioni sul conto non sono riferibili ad attività imponibili. E la donna non riesce a documentarlo, così non riesce ad evitare il pagamento dell’Iva sul rilievo che le entrate sarebbero frutto di un’attività illecita, che invece risulta contraria solo al buon costume.

L’Agenzia delle Entrate ha allora intimato alla escort di pagare l’Irpef, le addizionali Irpef sia comunali sia regionali, i contributi previdenziali, infine l’Iva al 21 per cento sugli incassi lordi. Non solo. A questa cifra i giudici della Commissione Tributaria provinciale di Savona hanno aggiunto altri 2mila euro per risarcire le spese di giudizio.

La Commissione Tributaria considera altresì “irrilevante” che la professione di “cortigiana” (c’è scritto proprio così nelle carte) non sia regolamentata dall’Italia. E non conta che sia anche “riprovevole” sul piano morale. C’è un guadagno e quindi bisogna pagare le tasse, come tutti.

La prostituzione – che per la legge italiana non è reato – è “una prestazione di servizio verso corrispettivo”. La sentenza C-268/99 della Corte di Giustizia europea classifica la escort come “lavoratrice autonoma” e senza vincolo di subordinazione a fronte di una retribuzione “pagata integralmente e direttamente dal cliente”. E dunque è legittimo che l’Agenzia delle Entrate reclami il versamento dell’Irpef e dell’Iva. Pena una denuncia per evasione fiscale. Nessuna sorpresa dunque se da oggi i prezzi per le prestazioni saranno più alti; al solito, a pagare sarà il consumatore finale.

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