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Migranti: centinaia allo sbando fra Ventimiglia, Chiasso e Milano, che si avviano a diventare le Calais italiane

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Le cronache di questi giorni ci mostrano centinaia di migranti allo sbando da Ventimiglia a Como, le vere e proprie Calais italiane, nonostante le smentite del ministro Alfano. Con gli attivisti di sinistra che soffiano sul fuoco e fomentano scontri soprattutto al confine della cittadina ligure, ormai assediata da centinaia di profughi o pretesi tali che attuano giornalmente manifestazioni, tentativi di passaggio in Francia, regolarmente respinti in Italia dalle Forze dell’ordine francesi. E noi dobbiamo ricevere, assistere  di tutto punto questa moltitudine, che oltretutto causa problemi e disagi alla popolazione.

A monito delle nostre autorità e del pericolo derivante dal loro perdurante lassismo e buonismo stile Boldrini, ricordiamo cosa è successo a Calais, frontiera fra Francia e Inghilterra, in quello sterminato accampamento all’aperto che si è meritato il soprannome di the jungle, la giungla. L’inferno di Calais, dove si ammassano a migliaia i migranti che cercano di passare in Inghilterra, diventa pietra di paragone negativa in Italia. Calais in Francia, ma anche Idomeni in Grecia. Aree di frontiera, agglomerati spontanei, senza servizi, dove tra caldo, difficoltà sanitarie, fame, si consumano le attese di gente a migliaia che tenta di proseguire il proprio viaggio della speranza.

Ci avviamo verso quel modello, anche se il premier Matteo Renzi aveva messo le mani avanti appena due mesi fa: «Il nostro modello di emergenza, a differenza di altri Paesi, non ha situazioni di disagio come i campi di Idomeni o Calais». Il solito annuncio (sbagliato) a effetto, era troppo presto per dirlo e bastava spostarsi tra la Liguria e la Lombardia per accorgersene. I migranti sbarcati sulle nostre coste salgono verso luoghi in grado di offrire vita migliore. Sono mesi che, a Ventimiglia, si concentrano a centinaia per tentare il colpaccio in Francia. Ma i gendarmi francesi fanno buona guardia e li respingono, mentre i migranti, aiutati dagli attivisti no-border, protestano a fasi alterne a ridosso del confine, dalla parte italiana, proprio succede come a Calais.

Sui treni, la polizia ferroviaria controlla i documenti, ma la patata bollente dei senza residenza e senza lavoro diretti al confine con la Francia è stata scaricata tutta sulla prefettura di Imperia, Il primo centro di accoglienza provvisorio nella chiesa di Sant’Antonio, nella frazione Roverino di Ventimiglia, è diventato subito insufficiente. Dentro, si è arrivati a numeri enormi: 900 transiti al giorno in cerca di cure mediche, roba da mangiare, abiti. A tutto questo fanno fronte volontari della Caritas e della comunità «Emmaus» di Bose. Dalla chiesa, i migranti sono stati spostati al parco ferroviario del Roja e poi al Palaroja tra le proteste dei residenti, sempre a Roverino. Qualcuno ha calcolato almeno 600 persone, nei bivacchi improvvisati e spontanei sul greto del fiume Roja. «La situazione non può continuare» protesta il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, mentre il ministro Angelino Alfano precisa: «Sul varco italo-francese di Ventimiglia ci giochiamo l’Europa. Non diventerà la nostra Calais».

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Ma i migranti cercano di arrivare anche in Svizzera, per poi proseguire verso l’Europa centrale. Oltre Ventimiglia, così, spunta un’altra emergenza, in Lombardia tra Como e Milano. Nel capoluogo lombardo, in via Sammartini vicino la stazione centrale, c’è un punto di assistenza comunale. Vi si ammassano decine e decine di profughi che bivaccano e dormono sui marciapiedi e sui prati tutt’intorno. Oltre 320 sono ospitati da una struttura gestita da Progetto Arca, ma stesi su fogli di cartone all’aperto ce ne sono non meno di 200. «Situazione esplosiva» dicono i volontari dell’Arca, che sollecitano la piena apertura dell’ex campo base di Expo per spostarvi altri 150 migranti.

In tutta Milano, negli ultimi giorni sono arrivati in 2793. Alcuni dovrebbero andare a dormire nella ex caserma di polizia in via Corelli, ma la zona intorno alla stazione è diventata un improvvisato campo profughi all’aperto. Tanto che il sindaco di Milano, Giuseppe sala, pensa alla creazione di tendopoli. Come lo è diventato, con almeno 500 persone secondo la Caritas, anche la stazione San Giovanni di Como. Anche qui è emergenza, per i profughi che tornano indietro respinti a Chiasso dai doganieri svizzeri. Decine di migranti dormono alla stazione di Como. Molti sono i minori.

Anche il prefetto di Como, Bruno Corda, affronta la nuova emergenza. La risposta immediata è stato un potenziamento degli agenti di polizia per controllare l’area della stazione, ma si cercano strutture per accogliere la gente che dorme in strada. Al collegio Gallio, la Caritas distribuisce pasti, dà accesso alle docce, distribuisce vestiti. Una situazione non facile.

Non saranno Calais, dove negli ultimi 15 giomi sono morti 4 immigrati alla frontiera britannica, o Idomeni, ma è certo che anche Ventimiglia, Milano e Como si avviano a diventare gravi emergenze nella gestione migranti. Per ora non siamo arrivati ai numeri folli di Calais, dove erano ammassati 7037 migranti, ma i numeri aumentano. Il Capo della polizia Franco Gabrielli si è recato in Liguria per rendere omaggio all’assistente capo Diego Turra, 52 anni, morto per un infarto durante i tafferugli tra polizia e No border, e ha verificato anche la situazione di Ventimiglia, traendone la convinzione che è necessario alleggerire la pressione. Il confine italiano è sbarrato, e non cambiano le regole stringenti dell’accoglienza in Europa. A prefetti, sindaci, forze dell’ordine e associazioni il governo e l’Europa hanno scaricato questa patata bollente, che rischia di diventare sempre più incandescente.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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