Skip to main content

Governo: Renzi celebra i 1000 giorni e rilancia il Si al referendum. Ma il No è sempre in vantaggio

Italian Prime Minister Matteo Renzi during the press conference for the one thousand days of his government, in Chigi Palace, Rome, 18 November 2016. ANSA/ MAURIZIO BRAMBATTI

ROMA – Renzi celebra i 1000 giorni del suo governo con una conferenza stampa nella quale, oltre a celebrare i successi dell’esecutivo, dal Jobs Act, agli 80 euro, alle riforme, ha rilanciato la campagna per il Si, sperando in cuor suo che i sondaggi facciano flop anche questa volta e che gli indecisi si convincano tutti a votare Si sulla scheda.

Domani sono mille giorni del governo Renzi, che si piazza al quarto posto per durata. I Governi più lunghi nella storia della Repubblica Italiana (180mm x 70mm)

Il grafico interessante, pubblicato sopra, sulla durata dei vari governi, che vede il rottamatore al 4° posto assoluto dopo due governi Berlusconi e un Craxi, fa capire il perché il presidente non eletto da nessuno, ma investito da Re Giorgio Napolitano,  ci tenga tanto a superare l’ostacolo del 4 dicembre. Facendo un rapido calcolo anche a mente, se si accetta l’idea che l’esecutivo vada a scadenza normale della legislatura (intorno al 15 maggio 2018), aggiungendo ai 1.000 attuali i giorni che restano si va ben oltre i 1.409 giorni, record del Berlusconi II (11 giugno 2001 – 20 aprile 2005), che finora detiene il record di durata. Infatti sommando i 43 giorni residui del 2016, i 365 del 2017 e i 135 del 2018 con quelli già trascorsi si arriva alla bella cifra di 1.543 giorni.

Ma torniamo alla conferenza stampa. Renzi ha sottolineato che il suo governo è nato per fare le riforme costituzionali, le ha fatte e deciderà il cittadino se vanno bene o no. «Nostro compito era anche portare a casa la ripartenza che va ancora piano ma è molto più forte di prima. Credo che sia fisiologico che davanti ad una possibile novità politica ci sia una fibrillazione maggiore dei mercati, personalmente reputo ovvio l’assioma riforme-pil su e al contrario che lo spread salga se non si fanno. Detto questo però chiarisco che il compito di chi sostiene il Sì non è usare la carta della paura ma cercare di riempire di motivazioni le ragioni del Sì. Bankitalia poi fa il suo mestiere».

«Tutti i sondaggi danno il No al referendum in testa. Si potrebbe buttarla sul ridere dal momento che nel 2016 non ne hanno azzeccato una sola, non è che devono iniziare questa volta. Ma vedo la partita referendaria totalmente aperta in ragione degli indecisi. E le buone ragioni che ci spingono a lottare per il Sì sono più forti che mai. Sono convinto che la maggioranza silenziosa degli italiani sappia scegliere sulla base del quesito poi potranno scegliere Sì o no». Se vince il No «cosa accadrà al governo lo scopriremo solo vivendo….Seriamente io penso che questo referendum possa segnare davvero il cambiamento, questo governo è nato per cambiare e fare le riforme. Ove i cittadini bocciassero le riforme, verificheremo la situazione politica».

SONDAGGI – Nonostante tutti gli sforzi del premier però il fronte del No resta saldamente in testa. E solo uno spostamento massiccio degli indecisi verso il Sì potrà evitare a Renzi una cocente sconfitta.

Demos Secondo Ilvo Diamanti, sondaggista di Repubblica, a due settimane dal referendum costituzionale gli orientamenti di voto sembrano definiti. Nell’ultimo periodo il No non solo è in vantaggio sul Sì ma lo ha addirittura ampliato. Per dare qualche numero i contrari alla riforma Boschi sono il 41% contro il 34% di favorevoli. Il mese scorso il distacco era di soli 4 punti mentre a settembre era il Sì ad avere un +8%. Secondo Diamanti, quindi, in due mesi il No ha guadagnato ben 15 punti. Ovviamente restano ancora molti indecisi, il 25%, e saranno loro a decidere la partita.

Ipsos Per Nando Pagnoncelli, che pubblica il suo sondaggio sul Corriere della Sera, i contrari sono al 55% contro il 45% dei pro riforma. Due, però, i dati che, secondo Pagnoncelli non vanno sottovalutati: il 13 % degli elettori è ancora incerto; uno su due ha invece dichiarato che non andrà a votare. Il sondaggista rileva anche, e la cosa non farà piacere a Renzi, che i no sono aumentati soprattutto tra i sostenitori dei partiti di opposizione. Il Sì è sceso dal 40% al 31% tra quelli di FI, dal 21% al 13% tra i leghisti e dal 19% al 15% tra i grillini. Insomma anche se il premier continua a rivolgere loro appelli a votare a favore della riforma, non sembra aver ottenuto il risultato sperato.

Piepoli Sulla Stampa anche Nicola Piepoli si allinea con i colleghi. Per lui il distacco tra No e Sì è di 8 punti (54% contro 46%). Anche qui occhi puntati sugli indecisi. Se il 28% di loro dice di sentirsi più vicino al No, il 48% non ha ancora scelto cosa farà. In ogni caso anche Piepoli come gli altri sondaggisti, fotografa un fenomeno che è quello che, con tutta probabilità, farà la differenza: il referendum del 4 dicembre viene vissuto dagli italiani come un referendum su Matteo Renzi.

Il premier però continua a imperversare su radio e televisioni, in barba alla legge sulla par condicio, e non è detto che non riesca nell’impresa quasi impossibile. Il verdetto spetterà agli italiani che voteranno il 4 dicembre. E speriamo che non si lascino convincere solo dalle chiacchiere ma siano attenti agli argomenti convincenti.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741
Firenzepost small logo