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Pensioni: con le nuove regole via dal lavoro più vecchi, ma con assegni più alti. L’indagine del Censis

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ROMA – In pensione nettamente più tardi rispetto al passato ma con assegni mediamente migliori come effetto di carriere contributive più lunghe e continuative nel tempo. E’ una fotografia ad ampio spettro quella scattata tra il 2004 ed il 2013 dal Censis nel suo ultimo rapporto che ‘corregge’ anche l’immagine tradizionale del pensionato italiano da percettore passivo di welfare a ‘distributore orizzontale’ di risorse.

Tra il 2004 e il 2013, infatti, l’incidenza dei nuovi pensionati di vecchiaia che hanno versato contributi per non più di 35 anni scende dal 54,9% al 37,5%, quella di chi ha versato contributi per un periodo compreso tra i 36 e i 40 anni dal 37,6% al 33,7%, mentre per chi ha percorsi contributivi superiori ai 40 anni l’incidenza si quadruplica, passando dal 7,6% al 28,8%.

In generale, si legge ancora nel Report, si registra un miglioramento della condizione socio-economica dei pensionati: negli anni 2008-2014 il reddito medio del totale delle pensioni è passato da 14.721 a 17.040 euro (+5,3%). Per 3,3 milioni di famiglie con pensionati le prestazioni pensionistiche sono l’unico reddito familiare e per 7,8 milioni i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile mentre ammontano a 1,7 milioni quelli che sono dovuti ricorrere ad un aiuto economico da parenti e amici.

Ma, annota ancora il Censis, i pensionati non possono essere considerati solo come recettori passivi di risorse e servizi di welfare, perché sono anche protagonisti di una redistribuzione orizzontale di risorse economiche: sono 4,1 milioni quelli che hanno prestato ad altri un aiuto economico, calcola ancora il Centro studi.

Parole che dovrebbero far riflettere il bocconiano presidente Inps, fiero nemico dei pensionati a reddito, a suo avviso, elevato, che rientrano prevalentemente nella categoria di chi ha percorsi contributivi superiori a 40 anni (ad esempio magistrati e prefetti), che quindi hanno, alla fin fine, versato contributi superiori a quanto poi percepiscono, e non dovrebbero essere penalizzati con i vari balzelli  ammantati da contributi di solidarietà, dichiarati illegittimi dalla Consulta.

 

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