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Politica e post-verità? Renzi, Grillo & c. prendano esempio da Ivo Butini e Lelio Lagorio

Lelio Lagorio

Non solo Matteo Renzi, ma anche tutti gli altri politici dei nostri giorni, compreso Beppe Grillo, impegnati quotidianamente a scorticarsi (soprattutto sul web), si sono lasciati sfuggire una riflessione che due morti  ravvicinate di politici toscani (Ivo Butini e Lelio Lagorio) avrebbe potuto far nascere. Soprattutto per ricordare che il confronto politico, pure aspro e violento, e una volta anche ideologico, può essere caratterizzato da eleganti colpi di fioretto, e da fair play all’inglese: piuttosto che da maldicenza, sputtanamento reciproco o addirittura dalla post-verità. Che è la negazione della verità,  la rilettura di parte o, addirittura, il suo specchio deformante.

Ivo Butini

PCI-DC – Renzi, Grillo e i politici di oggi, così attenti a usare il passato per adattarlo alle  loro teorie, non si sono voluti accorgere che in Toscana sono scomparsi, nel giro di due mesi l’uno dall’altro, due uomini che, negli anni Settanta, quando nacque la Regione, furono esempi di scontro politico durissimo, ma estremamente corretto: Ivo Butini, capogruppo della Dc, e Lelio Lagorio, socialista, primo presidente della Regione con una coalizione Pci-Psi. Butini (morto il 18 novembre scorso) era infuriato con Lagorio perché i socialisti, al governo con la Democrazia Cristiana a Roma, in Toscana avevano scelto di stare sempre al governo, ma con una giunta sostenuta dai comunisti. Lagorio (scomparso poche ore fa, il 7 gennaio) ribatteva che le scelte politiche, e soprattutto di governo, dovevano essere fatte in sintonia con il territorio. Era la politica dei «due forni», che Butini contestò fino al punto di annunciare quella «battaglia di Toscana» utile per i titoli sui giornali ma per nulla ben vista dall’uomo forte della Dc di allora, non a caso un toscano: Amintore Fanfani. Il quale commentò: «Le battaglie si battezzano solo dopo averle vinte».

DUELLI – Gli scontri nell’aula consiliare, soprattutto nel momento in cui si doveva scrivere lo Statuto della neonata Regione Toscana, erano caldissimi. Non c’erano riprese in diretta, ma la gente si appassionava lo stesso e faceva la fila anche fuori per ascoltare e seguire gli interventi che precedevano le votazioni. In effetti erano duelli declamatori di altissimo livello. Ma senza colpi bassi. Erano gli anni del mondo diviso in due blocchi. Sul muro di Berlino i tedeschi morivano per passare da Est a Ovest, bersagliati dai colpi dei Vopos (le guardie della Germania comunista, controllata dall’Unione Sovietica). La Dc, fedele all’alleanza con gli Usa, non voleva il Pci al potere nemmeno nelle Regioni. Però la Toscana era rossa. Butini (poi diventato deputato e anche uomo di governo come sottosegretario) perse, ma nonostante le prese in giro di Fanfani, portò la Dc, in Toscana, a un consenso che poi avrebbe difficilmente mantenuto. Lagorio, anni dopo, spiegò che la scelta socialista di allearsi con il Pci per ottenere la presidenza della Regione era dettata anche dalla volontà d’imporre comunque una linea moderata ai comunisti. Che puntavano soprattutto su una Toscana che si potesse reggere sull’industria pesante, ovviamente per continuare a prevalere grazie alle masse operaie. Il Psi ottenne invece di privilegiare la vera vocazione regionale: artigianato, commercio, turismo, servizi. Qualche anno dopo, grazie alla lungimiranza di un leader come Gianfranco Bartolini (operaio con la quinta elementare, ma capace, da autodidatta, di dotarsi di una straordinaria cultura, di governo e non solo), anche il Pci capi che non si poteva snaturare la Toscana. L’opera di Lagorio (nel frattempo diventato ministro) aveva dato frutti.

GIORNALISTI – Politici d’altri tempi, Butini e Lagorio. Certo, ma non solo. Erano galantuomini, rimasti fuori dalla bufera anche al crepuscolo della Prima Repubblica, quando (primi anni Novanta) imperversavano le inchieste di «mani pulite». Direte: non furono i soli. Ovvio. Ma tutt’e due avevano un qualche cosa in più: erano anche giornalisti. Iscritti all’Ordine nell’elenco dei pubblicisti  e anche al sindacato unico e unitario: l’Associazione Stampa Toscana. Direte ancora: «Per forza li esalti, ora sei te il presidente del sindacato in Toscana». Potrebbe essere una lettura, ma non è quella giusta: Butini e Lagorio avevano altissimo il senso dell’etica e della deontologia, guarda caso basi portanti del nostro ordine professionale. Butini e Lagorio si attaccavano reciprocamente, con molta durezza, nel dibattito consiliare. Ma non scendevano mai nel turpiloquio e nell’offesa infamante. E nemmeno si trinceravano dietro la sconcertante post verità. Ripeto: etica e deontologia facevano parte del loro Dna. E non si tratta di virtù d’altri tempi.

 

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Sandro Bennucci

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