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Lavoro Inps: crollano assunzioni a tempo indeterminato e aumentano i licenziamenti

Susanna Camusso e Matteo Renzi

ROMA – Continuano a salire le cessazioni dei rapporti di lavoro anche nei primi tre mesi del 2017. Nel complesso infatti i fine rapporto sono ammontati a 1.117.000, in aumento rispetto all’anno precedente del 6,6%. E continuano ad aumentare i licenziamenti di lavoratori a tempo determinato: tra gennaio e marzo infatti ne sono stati licenziati 143 mila, in aumento del 2,9% rispetto al dato di gennaio-marzo 2016. Di questi il 14,6% in più rispetto al trimestre 2016 (18.349 contro 16.004) sono stati licenziamenti disciplinari e il 158% in più (15.078 lavoratori contro i 5mila del 2016) per esodo incentivato o cambio di appalto nel settore edile.

È l’Osservatorio sul precariato dell’Inps ad aggiornare i dati sul mercato del lavoro. «Il tasso di licenziamento – precisa l’Inps, calcolato sull’occupazione a tempo indeterminato, compresi gli apprendisti, si legge ancora nella nota, è risultato per il primo trimestre 2017 pari a 1,4%, sostanzialmente in linea con quello degli anni precedenti (1,3% nel 2016; 1,4% nel 2015)». Tornando alle cessazioni si registra un aumento di quelle relative a rapporti a termine, +12,5%, mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato sono in diminuzione del -2,1%. «Significativa» invece la contrazione delle dimissioni: -3,5% rispetto a gennaio-marzo 2016. «Sulla distribuzione delle cause di cessazione tra licenziamenti e dimissioni, ha significativamente inciso l’obbligo della presentazione on line delle dimissioni, introdotto a marzo 2016.

CAMUSSO – Drastico il commento di Susanna Camusso, Segretaria generale della Cgil: «Sono gli effetti di una scelta sciagurata che fece il governo di abolire le tutele derivanti dall’articolo 18. Si è sostanzialmente sdoganato ogni comportamento illegittimo e le forme di ritorsione nei confronti dei lavoratori». E aggiunge: «Il nostro Paese ha investito 18 miliardi per sostenere teoricamente i contratti a tempo indeterminato. Non aumenta l’occupazione e quelle risorse usate in investimenti diretti avrebbero generato molto più lavoro e soprattutto più risposte ai giovani». Certificando così il fallimento delle politiche di Renzi.

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