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Profughi: regolamento di Dublino e diritto d’asilo, le regole europee che inguaiano l’Italia

La maggioranza (80%) dei migranti che stanno invadendo l’Italia causando proteste e rivolte in molte città e paesi e provocando lo sconquasso economico delle nostre finanze, sono migranti economici, e quindi non hanno diritto alle misure della protezione internazionale. Gli altri Paesi europei dicono dunque che dobbiamo tenerceli. ma anche per quelli che hanno diritto alla protezione internazionale esistono regole ormai obsolete, e da cambiare, che ci costringono all’accoglienza forzata.

Si tratta essenzialmente del cd  Regolamento di Dublino, nella sua ultima versione adottata nel 2013 e entrata in vigore il 1 gennaio 2014, stabilisce i criteri per determinare quale Stato dell’Ue è competente per esaminare una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri.

Questi i punti principali:

* Qualsiasi domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro.

* Lo Stato competente è quello dove abitano i parenti stretti del richiedente o dove ha già ricevuto un permesso di soggiorno.

* In seconda battuta è lo Stato di primo ingresso. Di fatto è il criterio più utilizzato. Per stabilire di quale si tratta, c’è una banca dati centrale, Eurodac, con le impronte di chi entra irregolarmente o presenta richiesta di asilo.

* In caso di dubbi sulla competenza si apre una fase di accertamento. Le autorità del Paese dove è stata presentata una domanda possono chiedere il trasferimento del richiedente a un altro Stato, se si accerta che è quest”ultimo quello di ingresso nell’Ue.

* Chi ottiene protezione internazionale da uno Stato può circolare per tre mesi nell”Ue ma non può trasferirsi stabilmente in nessun altro Stato membro.

A oltre un anno dalla proposta della Commissione europea – su richiesta pressante di Italia e Grecia – per una nuova riforma del sistema di Dublino sul diritto d’asilo, il processo è ancora lontano da una conclusione. Il Parlamento europeo avanza verso una posizione comune ma il Consiglio, cioè gli Stati, sono invece in una situazione di stallo. E la distanza tra i due co-legislatori è molto ampia: gli eurodeputati spingono per più solidarietà tra i Paesi e i governi che frenano, in particolare il blocco Est europeo.

Il meccanismo di Dublino è stato pensato non secondo un principio di solidarietà ma semplicemente per stabilire quale Stato deve esaminare una richiesta di asilo. Tra tutta una serie di criteri, il più applicato nella pratica è che il primo Stato di ingresso è responsabile dell’esame della domanda. Meccanismo che, con l’aumento degli arrivi, ha generato una pressione enorme sui Paesi in prima linea come l’Italia.

La Commissione europea, titolare dell’iniziativa legislativa, ha presentato il 4 maggio 2016 una proposta di riforma che mantiene il criterio del Paese d’arrivo ma inserisce un meccanismo correttivo di redistribuzione. Questo scatterebbe se la capacità di accoglienza di uno Stato supera il 150%.

La proposta è passata all”esame del Parlamento europeo. La relatrice incaricata, l”eurodeputata liberale svedese Cecilia Wikstrom, ha presentato a marzo il suo rapporto: circa cento pagine di correzioni al testo della Commissione, stravolto in una direzione più solidale. In sostanza, salta il criterio del Paese di prima accoglienza, da rimpiazzare con un meccanismo di distribuzione obbligatorio. Il Parlamento europeo ora sta cercando di elaborare una posizione comune ai vari gruppi. Un lavoro che si pensava di potere concludere entro l’estate. Ma a dispetto degli inviti a fare presto arrivati anche dal presidente della Commissione Juncker, il discorso appare ancora più complicato invece sul lato del Consiglio, che fatica a trovare un’intesa. I Paesi dell’Est sono contrari a qualsiasi meccanismo di redistribuzione obbligatorio. Soprattutto, restano in piedi e addirittura peggiorano quei punti che sfavoriscono l’Italia, con l’esame delle domande e l’assunzione di responsabilità che resterebbero tutti a carico dello Stato di primo sbarco.

Purtroppo non si vede uno sbocco a breve e l’Italia, se pure potrà spuntare qualche concessione di minima redistribuzione, dovrà continuare ad accollarsi il maggior peso. Fino a che non ci costringeranno a sbarrare le frontiere, come chiedono alcune forze politiche, provocando le proteste della Boldrini e della Chiesa.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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