Incidenti stradali: vigili urbani operativi anche di notte per i rilievi in città

Una delle questioni più controverse ( e litigiose) fra forze dell’ordine, nella mia esperienza quarantennale prima di funzionario e poi di prefetto in otto province d’Italia, è stata quella della carenza delle presenze della polizia municipale, specialmente nei centri non capoluogo di regione, per gli interventi e i rilievi di incidenti stradali occorsi nelle strade cittadini. Carenze che costringevano polizia e carabinieri a gravosi interventi sostitutivi, che causavano dispendio di tempo e di energie più utili a combattere la criminalità.
Il Ministro Minniti ha pensato anche a questo, evidentemente indirizzato dal Dipartimento di PS ha stabilito che spetterà alla polizia municipale rilevare gli incidenti stradali in ambito urbano garantendo servizi ad hoc nell’intero arco delle ventiquattro ore. Partendo dalle città maggiori e con una progressiva estensione a tutti i comuni, previo un accordo quadro con l’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani.
Il ministro lo ha chiarito nell’allegato al decreto sul riordino delle forze di polizia adottato il 15 agosto 2017 (conosciuto solo dagli addetti ai lavori). La direttiva sulla razionalizzazione dei presidi di polizia interessa marginalmente la polizia locale, coinvolta però sul tema della sicurezza stradale e dei piani coordinati di controllo del territorio. La questione più rilevante riguarda senz’altro la possibilità di assicurare il servizio di infortunistica stradale nell’arco dell’intera giornata, su tutto il territorio urbano. Attualmente la polizia municipale rileva già la maggioranza dei sinistri, in tutta Italia. Ma effettivamente sono pochi i comandi che dispongono di un servizio serale e notturno continuativo.
La richiesta del Viminale è puntuale e riprende tutte le precedenti indicazioni degli organismi centrali. Per potenziare il servizio di controllo del territorio da parte degli organi di polizia dello stato «appare infatti necessario che, in una logica di leale collaborazione istituzionale, i corpi e i servizi di polizia locale dei comuni assumano un ruolo preminente nell’espletamento dei servizi di polizia stradale sulla viabilità urbana lungo l’intero arco delle ventiquattro ore». Il ministero però ammette che la diversificazione delle organizzazioni di polizia municipale e soprattutto la diversa dotazione organica impedisce un’immediata attivazione di questa indicazione.
Per questo motivo andrà avviato un percorso con l’Anci per stipulare un accordo quadro finalizzato a coinvolgere, in una prima fase, le città metropolitane e i capoluoghi di provincia, dove i vigili sono meglio organizzati e più numerosi. Successivamente spetterà ai singoli comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica e dunque alle prefetture promuovere la progressiva estensione del modello anche agli altri comuni di minori dimensioni, opportunamente organizzati per assicurare il rilievo degli incidenti stradali sul territorio urbano giorno e notte, durante tutto l’arco dell’anno.
I sindaci, sempre ansiosi di occuparsi di sicurezza, ma restii a mettere in campo energie umane e finanziarie, dovranno così mettere mano al portafoglio e dare una smossa ai loro corpi di vigilanza urbana, magari agendo, in alcuni territori, nell’ottica della riorganizzazione dei servizi associati. Circa la realizzazione dei piani coordinati di controllo del territorio la direttiva richiama incidentalmente il contributo delle polizie locali, specificando che i vigili urbani dovranno partecipare al controllo del territorio sulla base delle indicazioni del capo della polizia e dei prefetti.
Ora la palla passa all’Anci che dovrà far fronte in qualche modo alle richieste ministeriali e che in passato si è sempre dimostrata sorda da quest’orecchio, anche se recentemente molti sindaci stanno chiedendo maggior impegno e risorse per il controllo del territorio e per la polizia locale.
Un altro mattone posto da Minniti per costruire un sistema di migliore sicurezza, che punti sul coordinamento, affidato ai prefetti, sull’eliminazione di nocive duplicazioni di competenze e d’interventi, suddividendo opportunamente il territorio d’azione, e sulla miglior utilizzazione delle energie degli enti locali. Restano fuori da questo discorso le regioni, ma questo sembra dovuto a una precisa scelta politica, che condividiamo pienamente.
