Roma: primo piano nazionale d’integrazione firmato al ministero dell’interno

ROMA – Un modello di convivenza con i cittadini italiani ispirato ai valori della nostra Costituzione, è quello che si propone il Primo piano nazionale di integrazione rivolto ai beneficiari di protezione internazionale e che è stato presentato al Viminale dal ministro Minniti. E’ il frutto del lavoro del tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il ministero dell’Interno e che vedrà nella sua successiva realizzazione il contributo di Amministrazioni centrali, di livello internazionale ma anche locale e del terzo settore.
Il patto con chi viene accolto è basato su alcuni principi chiari e semplici. Chi è accolto, infatti, si impegna a imparare la lingua italiana, condividere i valori della Costituzione italiana, rispettare le leggi, partecipare alla vita economica, sociale e culturale del territorio in cui vive.
L’architrave di questo patto è senz’altro rappresentato dall’articolo 3 che, nel riconoscere la pari dignità sociale e l’uguaglianza dinanzi alla legge di tutti coloro che risiedono in Italia, fa sì che l’integrazione comporti, accanto alla titolarità dei medesimi diritti, l’impegno al rispetto dei medesimi doveri e all’assunzione delle medesime responsabilità: non solo, dunque, l’impegno a rispettare le leggi italiane, ma anche quello ad apprendere la lingua e a partecipare alla vita economica, sociale e culturale del Paese
Ai titolari di protezione vanno quindi riconosciuti quei diritti essenziali che discendono dal loro status, cui devono corrispondere, così come per ogni cittadino italiano, altrettanti doveri e responsabilità per garantire una ordinata convivenza civile. Accogliere chi proviene da una cultura e una tradizione differenti comporta non solo provvedere alla prima accoglienza sul territorio, ma sviluppare interventi diretti a facilitare l’inclusione nella società e l’adesione ai suoi valori.
Il tentativo d’imporre l’integrazione per via legislativa non sembra funzionale ad operare questo bilanciamento. Obbligare all’assimilazione, infatti, rischia di causare processi di deculturazione degli stranieri, suscitando, soprattutto nelle seconde e nelle terze generazioni, la percezione di essere esclusi dal discorso pubblico.
Vedremo quale sarà l’impatto di quest’iniziativa, che sicuramente riscuote il plauso della fazione (sempre minore) del paese più incline all’accoglienza (politici e associazioni di sinistra e cattoliche), mentre non piace a una buona parte del centrodestra, e a molti comuni, già in difficoltà con l’accoglienza.
