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Roma: 7° rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, produce l’8,9% del Pil

ROMA – I 2,4 milioni di occupati immigrati in Italia nel 2016 hanno prodotto 130 miliardi di valore aggiunto, l’8,9% del Pil del Paese. A confronto con altri Paesi Ue, gli stranieri in Italia sarebbero al 17° posto con un valore aggiunto superiore al PIL di Paesi come Ungheria, Croazia o Slovenia. Il contributo economico dell’immigrazione in Italia si traduce in 11,5 miliardi di contributi previdenziali, in 7,2  miliardi di Irpef versata, in oltre 570 mila imprese straniere. Il gettito Irpef degli immigrati è sempre cresciuto a un ritmo maggiore rispetto a quello degli autoctoni e tale dato è avvalorato anche dall’aumento costante dell’incidenza sul totale che, nel 2016, è passato dal 4,1% nel 2011 al 4,6% Complessivamente, dal 2010 al 2016 l’Irpef degli immigrati è aumentata del 13,4%, mentre il gettito degli autoctoni è diminuito dell’1,6%.

Sono i principali risultati contenuti nel settimo Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, presentato alla Farnesina e realizzato dalla Fondazione Leone Moressa con il contributo della Cgia di Mestre e con il patrocinio dell’Oim e del ministero degli Esteri.

Secondo quanto riferisce la Fondazione con il documento, l’Italia è un Paese che invecchia e la presenza degli immigrati rappresenta una forza lavoro indispensabile in molti settori.
Da un punto di vista previdenziale, i lavoratori immigrati versano 11,5 miliardi di contributi e garantiscono un saldo positivo per le casse Inps. Il valore aggiunto prodotto dai lavoratori immigrati è pari a 130 miliardi (8,9% del valore aggiunto nazionale). Non si tratta di occupazione in concorrenza con quella italiana, ma di occupazione complementare.
Secondo l’edizione 2017 del rapporto, italiani e stranieri fanno lavori diversi: tra gli immigrati, solo l’11% è laureato, mentre tra i giovani italiani questa quota raggiunge il 31%. Anche per questo alcune professioni sono a conduzione prevalentemente straniera: il 74% dei lavoratori domestici è straniero, così come oltre il 56% delle badanti ed il 52% dei venditori ambulanti.
Le imprese condotte da immigrati continuano a crescere. Negli ultimi cinque anni, mentre le imprese italiane sono diminuite del 2,7%, quelle straniere hanno registrato un +25,8%,
raggiungendo quota 570 mila (9,4% sul totale) e producendo 102 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 6,9% della ricchezza complessiva. In forte crescita gli imprenditori del Bangladesh, anche se il primato per gli imprenditori stranieri è del Marocco (11%) e della Cina (10%).
A livello mondiale si stimano circa 250 milioni di migranti, di cui 65 milioni di migranti forzati. In Italia, l’immigrazione è cresciuta negli ultimi venticinque anni: basti pensare che nel 1991 era inferiore all”1% della popolazione, mentre nel 2016 gli immigrati regolari in Italia sono 5 milioni. Le nazionalità più numerose sono Romania, Albania e Marocco. Per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo e le rimesse, l’Italia spende quasi 3 miliardi in aiuti allo sviluppo, ha spiegato Solari, e le  rimesse degli immigrati sono a quota 5,1 miliardi di euro nel 2016, con un significativo impatto sul Pil del Paese beneficiario: ad esempio, secondo i dati 2015, in Moldavia le rimesse valgono il 23,5% del Pil, in Senegal circa l’11%. Con il riconoscimento del potenziale di questi popoli, dobbiamo impegnarci seriamente per valorizzare e massimizzare il loro contributo e quello delle nostre società, ha commentato Federico Soda, direttore dell’Oim per il Mediterraneo, durante la presentazione. Il rapporto parla dell’aspetto positivo della migrazione, ma l’Italia deve fare di più riguardo all’integrazione dei rifugiati, ha sottolineato Stephane Jacquemet, responsabile per il sud Europa dell’Unhcr.

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