Pensioni: le rivalutazioni previste per il 2018 – 19 in attesa del confronto Governo – Sindacati

Dal sito PMI.it prendiamo un utile riassunto delle prospettive di adeguamenti pensionistici reali per il 2018 – 2019, indipendentemente dalle modifiche e integrazioni che stanno studiando sindacati e Governo, che non si sa quando vedranno la luce.
Dopo la conferma dello scippo governativo realizzato da Renzi con il bonus Poletti, attraverso la mancata o solo parziale perequazione, con perdite che possono arrivare fino a oltre 50.000 euro complessivi per molti pensionati, scippo convalidato dalla scandalosa pronuncia ‘politica’ della Consulta, vediamo adesso di fare il punto su quali integrazioni i pensionati possono contare con sicurezza nei prossimi due anni, salvo ulteriori scippi governativi possibili, soprattutto ai danni degli assegni un po’ più corposi (quelli che Boeri considera d’oro) oltre i 3000 euro mensili.
INDICIZZAZIONE – Innanzitutto le pensioni nel 2018 saliranno dell’1,2%, per recuperare l’inflazione misurata dall’ISTAT: dopo due anni in cui l’indice dei prezzi è rimasto piatto, l’indicizzazione torna a far salire gli assegni previdenziali. Il meccanismo di rivalutazione è previsto dalla legge 147/2013 (comma 483), in vigore fino a fine 2018, in base al quale recuperano l’inflazione in misura piena solo le pensioni fino a tre volte il minimo. La finanziaria 2014 (legge 147/2013) aveva stabilito le regole della rivalutazione parziale per il triennio al 2016, prorogate al 2018 con la legge 208/2015.
RIVALUTAZIONE – Per l’ufficialità sugli incrementi 2018 bisogna attendere un apposito decreto ministeriale, ma nel frattempo vediamo come si calcola l’aumento per i diversi trattamenti previdenziali.
Pensioni fra tre e quattro volte il minimo: si rivalutano al 95%, aumento dell’1,14%
Pensioni fra quattro e cinque volte il minimo: adeguamento al 75%, rivalutazione dello 0,9%
Pensioni fra cinque e sei volte il minimo: indicizzazione al 50%, aumento dello 0,6%
Pensioni sopra sei volte il minimo: indicizzazione al 45%, aumento dello 0,54%
Sulle pensioni 2018 bisognerà calcolare il conguaglio della maggior rivalutazione 2015, anno in cui gli assegni sono stati superiori dello 0,1% rispetto all’inflazione (l’indice provvisorio 2014 era pari allo 0,3%, l’inflazione effettiva è stata poi allo 0,2%, il recupero non è stato ancora effettuato perché negli anni successivi l’inflazione era pari a zero, e di conseguenza l’indicizzazione avrebbe comportato un abbassamento degli assegni previdenziali che è stato evitato).
Dal 2019 poi torna il vecchio meccanismo di indicizzazione previsto dalla legge 388/200 e cioè:
rivalutazione è al 100% per gli assegni fino a tre volte il minimo,
al 90% fra tre e cinque volte il minimo,
al 75% per i trattamenti più alti.
Per il resto, ricordiamo che dal 2018 si rivaluta interamente anche il trattamento minimo che passa a 507,92 euro al mese (dagli attuali 501,89), così come la pensione sociale che arriva a 373,69 euro al mese ed il trattamento assistenziale per gli ultra65enni privi di reddito, che sale a 453,45 euro.
Intanto prepariamoci a incassare almeno queste misere rivalutazioni, in attesa di continuare il combattimento contro i soprusi di Renzi e del suo governo, convalidati dalla parziale Consulta. Già i pensionati siciliani si saranno sicuramente attivati per affossare il rottamatore nelle recenti elezioni regionali, ma si attiveranno ancor più tutti gli italiani nelle prossime politiche del 2018 per farlo definitivamente scomparire dalla scena politica.

salvatore
hanno rivalutato sempre le minime dei furbi che dichiaravano il minimo
salvatore
da 8 anni la mia pensione è ferma con le 4 frecce!!!