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Nuovo codice antimafia: le misure giudiziarie e gli strumenti di prevenzione alternativa

E’ passata un po’ sotto silenzio l’entrata in vigore di una norma fondamentale quale laa riforma del Codice antimafia, operativa da oggi, tesa a valorizzare gli strumenti di prevenzione alternativi alla confisca e a richiamare l’attenzione dei giudici a intervenire in maniera graduata e proporzionata al grado di compromissione dell’azienda rispetto ai condizionamenti illeciti. E’ stata sovrastata dalle polemiche per l’esclusione della nazionale dai mondiali di calcio, dalle dimissioni rumorose e polemiche di Tavecchio e addirittura dalle polemiche per il picchetto che ha accompagnato l’ingresso di Barbara d’Urso alla Questura di Milano. In merito al quale il questore Cardona ha aperto giustamente un’inchiesta interna.
Ma torniamo alla normativa antimafia. Il sequestro e la successiva confisca rimangono necessari quando dalle indagini patrimoniali sui soggetti socialmente pericolosi emergono elementi certi circa la sproporzione dei beni di cui dispongono, anche indirettamente, rispetto ai loro redditi leciti o quando vi sia motivo per ritenerli frutto di attività illecite o reimpiego di proventi delittuosi.
Si rafforza adesso lo strumento dell’amministrazione giudiziaria che viene collegato in particolare alle ipotesi di indagini finanziarie, di verifica di eventuali infiltrazioni mafiose per il rilascio della certificazione antimafia, di accertamenti dell’Anac in base all’articolo 213 del Codice degli appalti. Se a seguito di queste attività emergono sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di alcune attività economiche sia sottoposto all’intimidazione mafiosa o possa agevolare persone sottoposte a misura di prevenzione o a procedimento penale per gravi reati (tra questi anche l’associazione finalizzata a commettere reati contro la pubblica amministrazione), il tribunale dispone l’amministrazione giudiziaria senza sequestro. La durata è ora fissata in un anno, prorogabile di sei mesi solo per due volte, quando la relazione dell’amministratore giudiziario evidenzi la necessità di completare il programma di sostegno e di aiuto all’impresa e la rimozione delle situazioni di fatto e di diritto che hanno determinato la misura.
Il controllo giudiziario scatta quando l’imprenditore ha agevolato in maniera occasionale soggetti socialmente pericolosi e sussistono circostanze di fatto da cui si può desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose nell’azienda. idonee a condizioname l’attività. In questo caso il tribunale fissa delle prescrizioni particolarmente intense a chi gestisce l’impresa e, senza togliergli i poteri di gestione, lo sottopone alla vigilanza di un amministratore giudiziario che riferisce al giudice delegato ogni due mesi.
Si tratta di tutta una serie di misure di controllo giudiziario e non più amministrativo, come lo sono quelle dei certificati antimafia, in realtà poco utili, la cui validità dovrà essere verificata dopo una congrua sperimentazione, nella speranza che diano risultati positivi.

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