Calcio: morto Angelillo a Siena. Primatista di gol in serie A. Aveva 80 anni

SIENA – E’ morto a 80 anni, all’ospedale Le Scotte di Siena, Antonio Valentin Angelillo, ex attaccante argentino di Inter, Roma, Milan, lecco e Genoa. Era nato a Buenos Aires il 5 settembre 1937. E’ stato primatista di reti segnate in un campionato di serie A a 18 squadre, con 33 gol. Il decesso è avvenuto venerdì scorso, 5 gennaio, ma la notizia era stata tenuta nascosta per volere della famiglia. Era arrivato al pronto soccorso del policlinico di Siena il 3 gennaio ed era rimasto ricoverato nella struttura.
Insieme a Omar Sivori e Humberto Maschio, Angelillo aveva composto il famoso trio degli «Angeli dalla faccia sporca» della nazionale dell’Argentina. In Italia dal 1957, acquistato dall’Inter, deteneva appunto il record di gol segnati in una stagione nei campionati a 18 squadre (33 nel 1958/1959) nelle file nerazzurre. Si classificò 23° nella classifica del Pallone d’Oro 1960. Segnava molto ma non era uno sfondatore classico, semmai era un centravanti di manovra, un po’ alla Totti.
Angelillo, naturalizzato italiano grazie alle origini lucane del nonno, dopo aver giocato nel 1956 nel Boca Junior, e aver esordio in Coppa America vinta dall”Argentina grazie ai suoi gol, già nell’estate 1957 arriva all”Inter e segna subito 16 reti. Nella stagione 1958-59, Angelillo stabilisce il primato di 33 gol per un campionato a 18 squadre, cinque in una sola partita alla Spal. Carattere ribelle, quando sulla panchina nerazzurra arriva Helenio Herrera, per l’angelo dalla faccia sporca cominciano i primi guai. Due anni più tardi, nel 1961-’62, passa alla Roma per 270 milioni, nonostante i richiami del Boca, pronto a riportarlo in Argentina. Nel 1962 debutta anche nella nazionale dell’Italia, ma poi non viene convocato per i Mondiali in Cile. Infatti le presenze con l’Italia sono state soltanto due, dopo le 11 con altrettante reti nell’Argentina, con cui non aveva più giocato da quando aveva appena 23 anni. «La Roma non aveva peso politico», aveva detto tanti anni dopo per spiegare la mancata convocazione azzurra per i Mondiali del 1962 in Cile. E a proposito di Coppa Rimet, gli era sempre rimasto un rimpianto: nel 1958, lui, Sivori e Maschio non erano stati chiamati dall’Argentina perché a quei tempi chi andava all’estero non poteva giocare in quella
nazionale. Così l’Argentina in Svezia era stata subito eliminata, ma Angelillo era convinto che con lui e gli altri
‘angeli’ in campo il mito di Pelè sarebbe nato qualche anno dopo.
Angelillo chiuse la sua carriera a Genova, dopo aver girato mezza Italia e vinto anche uno scudetto con il Milan dove era arrivato nel 1965, passando per Lecco e Napoli. Quando appende le scarpette al chiodo inizia la carriera di allenatore. Proprio con l”Arezzo, la città dove viveva, ottiene i maggiori risultati e, dopo aver vinto una coppa Italia di C, porta gli amaranto in serie B e l’anno successivo la squadra lotta a lungo per passare in Serie A. Da Arezzo, quando ha chiuso anche come tecnico, Angelillo ha lavorato come osservatore per l”Inter: a lui si deve, tra l’altro, l’arrivo di Javier Zanetti all’Inter.
