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Pensioni: la Corte (Cedu) di Strasburgo dichiara inammissibile il ricorso dei pensionati veneti

STRASBURGO – Una notizia non favorevole per le speranze dei pensionati turlupinati dal Governo italiano e dalla Consulta, ci viene da Strasburgo. La Corte Europea dei diritti Umani (Cedu), nel giugno del 2017, ha respinto il ricorso di Abate ed altri pensionati del Veneto (n. 5403/17) contro il contributo di solidarietà applicato per gli assegni più alti, dichiarato legittimo dalla Consulta, se applicato una tantum in condizioni eccezionali. I ricorrenti avevano sostenuto che si trattava di una patente violazione dei diritti umani, ma la loro tesi non è stata accolta. Si tratta però di un precedente pericoloso, visto che, sulla base della violazione degli stessi principi, milioni di pensionati hanno già presentato o si accingono a presentare ricorso alla stessa Corte contro la mancata o incompleta perequazione degli assegni.

Questa la stringata comunicazione della decisione della Corte all’avvocato dei ricorrenti:

 

Ma quali sono le ragioni per le quali la Corte in composizione monocratica (un solo giudice, Kristina Pardalos) è arrivata a tali conclusioni? Dopo aver esaminato la documentazione presentata dai ricorrenti e le loro argomentazioni, la giudice ha concluso che: “La richiesta si fonda sull’art. 6§1 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, sull’art. 14 della stessa Convenzione e sull’art1 1 del  protocollo n. 1 allegato alla stessa. La Corte ha deciso, alla luce di tutti gli elementi in suo possesso, che i fatti denunciati non costituiscono alcuna apparente violazione dei diritti e delle libertà enumerate nella Convenzione o nei suoi protocolli. Ne consegue che le argomentazioni dei ricorrenti sono infondate ai sensi dell’art. 35 § 3 a) della Convenzione. La Corte dichiara il ricorso irricevibile». Questa è la mia fedele traduzione, ma ecco il testo originale francese della decisione.

 

Come specificato nella lettera della Segreteria della Corte, sopra allegata, le decisione è definitiva e non può essere oggetto di ricorso davanti a un Comitato, a una Camera o alla Grande Camera.

Dunque sembra possibile che soggetti diversi propongano un ricorso anche contro la mancata perequazione ma, visto questo precedente, mi sembra difficile che la Cedu cambi orientamento, anche perché la giudice unica ha chiaramente sostenuto che non riscontrava, nella limitazione lamentata, nessuna violazione di diritti e libertà enumerati nell’intera Convenzione e in tutti i suoi protocolli, non solo in relazione alle norme citate dai ricorrenti. Lo stesso ragionamento potrebbe essere applicato dalla Corte anche nel caso della mancata o ridotta perequazione, lasciando, purtroppo, poco spazio ad altre argomentazioni.

Sullo stesso argomento vedi anche le riflessioni della Cida, la Confederazione italiana Dirigenti d’azienda che per prima sottopose il caso alla Corte Costituzionale.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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