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Moby Prince: la Commissione senatoriale smentisce le conclusioni anticipate dai quotidiani

ROMA – «La fuga di notizie sugli esiti dei lavori della Commissione parlamentare Moby Prince, con estratti di una bozza della relazione finale pubblicati su diversi mezzi di stampa, rischia di ridurre ad una semplice vicenda di cronaca l’attività di inchiesta che, per oltre due
anni, è stata portata avanti con serietà e dedizione dalla Commissione e dai suoi consulenti». Questa la reazione di alcuni componenti della Commissione d’inchiesta. «Si rischia così di svilirne le conclusioni che vorremmo venissero tenute ben distinte rispetto alla massa
fumosa di notizie non sempre attendibili divulgate spesso su questa tragica vicenda. Domani in una doverosa cornice istituzionale finalmente daremo conto dei risultati di questo lavoro, incontrando prima di tutto i familiari delle vittime, e poi autorizzando la pubblicazione della relazione e della imponente mole di documenti acquisiti dalla Commissione». La relazione finale, infatti, sarà presentata domani, alle 15, in Senato, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani. E il Presidente Lai aggiunge che le anticipazioni apparse sulla stampa si riferiscono ai lavori della Commissione in epoca passata e quindi non esprimono le conclusioni attuali, che saranno rese note soltanto domani.

In un articolo pubblicato oggi dal Corriere della sera infatti sono state  anticipate, riassunte in cinque punti, le preseunte conclusioni della Commissione d’inchiesta. Eccole:  1) «Si esclude che la nebbia sia stata la causa delle tragedia… Non c’è stato, prima del disastro, un fenomeno atmosferico di generale riduzione della visibilità in rada». 2) «Il comando della petroliera non ha posto in essere condotte pienamente doverose». Il traghetto rimase incagliato per alcuni minuti nella motocisterna. «C’era il tempo per valutare la situazione e dare le corrette comunicazioni ai soccorritori». 3) «Dalla Capitaneria di porto di Livorno non partirono ordini precisi per chiarire entità e dinamica dell’evento e per ricercare la seconda imbarcazione». Ovvero la Moby Prince. I soccorsi si concentrarono soltanto sulla petroliera. «Ci fu impreparazione e inadeguatezza». 4) «Ci sono punti non congruenti», questo l’eufemismo usato dai relatori, «sulle attività della petroliera e sul suo tragitto compiuto prima di arrivare a Livorno». 5) Il quinto e ultimo punto è anche il più scabroso. Ci è voluto l’intervento della Guardia di finanza per recuperare il documento da un broker delle isole Bermuda, dov’era custodito. Il 18 giugno ‘91, a Genova, viene siglato un accordo tra Navarma, proprietaria di Moby Prince, e Snam-Agip spa, armatore della petroliera. Le due parti rinunciano a qualunque pretesa di indennizzo reciproco. Sono passati appena due mesi dalla strage. Ancora non si sa nulla. Ma non si attendono gli esiti dell’inchiesta della magistratura, appena agli inizi. «In solo due mesi, gli armatori e le loro compagnie assicuratrici si accordarono per non attribuirsi reciproche responsabilità, non approfondendo eventuali condizioni operative o motivazioni dell’incidente attribuibili ad uno dei due natanti».

Sostiene il quotidiano che tutti avevano qualcosa da nascondere, dopo quella notte. La Capitaneria di porto «non ha valutato la gravità della situazione», anche per «incapacità». Non è un dato da nulla, davanti a 140 vittime, molte delle quali erano ancora in vita dopo la collisione. Agip Abruzzo e Moby Prince avevano i loro segreti, e le loro compagnie un accordo segreto. Quindi più nebbia per tutti. Per coprire i morti, e soprattutto i vivi.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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