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Morti sul lavoro: sono state 1029 nel 2017, in aumento anche nell’era del Jobs Act di Renzi

Una statistica che fa rabbrividire, nel 2017 i morti sul lavoro sono stati 1.029. Nonostante tanti discorsi, appelli e richiami al rispetto delle norme continuano ad essere un piccolo esercito purtroppo le morti sul lavoro. I sindacati, in particolare la Cgil, puntano il dito sull’enorme aumento del lavoro precario, quello che è un vanto del rottamatore, che si è gloriati in Italia e in Europa del milione di posti di lavoro (precari), che sono i più soggetti al rischio d’infortunio, anche mortale.

Un esercito, oltre mille, tanti sono stati i morti sul lavoro nel 2017 (gennaio-dicembre), secondo quanto è stato comunicato dall’Inail con l’ultimo bollettino. Il tema della sicurezza sul lavoro è importante, prioritario e evidentemente non si fai mai abbastanza. Nel 2017 le denunce di infortunio con esito mortale invece che diminuire sono aumentate dell’1,o8% rispetto al 2016, quando erano state 1.018. L’aumento riguarda tanto gli uomini che sono stati 6 in più (passando da 921 a 927), quanto le donne che sono state 5 in più (passando da 97 a 102). Nella distinzione dei settori, i decessi sono stati 887 (841 nel 2016) nell’industria e nei servizi,141 i n agricoltura (133 nel 2016) e 31 per conto dello Stato (44 nel 2016).

I Sindacati commentano in modo negativo, ovviamente con accenti diversi. «Siamo davanti ormai costantemente a circa un migliaio di morti sul lavoro all’anno, in tutti i settori-osserva il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan-. Ci vuole una presa di coscienza e di responsabilità molto, molto più forte da parte di tutti». Ma non critica la politica del lavoro di Renzi, continuando a fiancheggiarlo.

Ci va giù duro invece la leader della Cgil Susanna Camusso, da sempre critica contro Renzi e il suo Jobs Act: «Il 2018, per quanto riguarda gli incidenti sul lavoro, si é aperto malissimo. Già nel 2o17  c’era stata una crescita degli incidenti mortali. Tutto questo ci dice che la precarizzazione del mercato del lavoro é uno degli elementi che mette a rischio i lavoratori».

Servono norme chiare e occorre che si impieghino maggiori risorse per rafforzare la prevenzione a tutti i livelli. Analizzando il quadro regione per regione, si scopre che le denunce di infortunio hanno una distribuzione disomogenea e il primato negativo una volta tanto non è appannaggio di una regione del Sud (anche perché là non c’è lavoro) ma spetta alla Lombardia, dove gli infortuni sono passati dai 116.o49 del 2016 ai 117.757 del 2017 con un incremento dell’1,47%. Seguono l’Emilia Romagna ( 1,41%), il Friuli Venezia Giulia ( 1,31%) e la Sardegna ( 1,27%). Se invece ci limitiamo all’analisi delle sole morti sul lavoro, l’Abruzzo  ha più che raddoppiato le morti bianche passando da 26 a 54, seguita dalla Liguria, dove nel 2016 18 persone hanno perso la vita sul lavoro mentre nel 2017 sono diventate 34. In Lombardia i morti nel 2017 sono stati 19 in più, in Piemonte 7, in Sicilia 5. In Toscana nel 2016 si sono contati 46 morti sul lavoro,  mentre nel totale registrato nei primi 10 mesi del 2017 si è registrato un calo di un’unità.

Il quadro complessivo comunque risulta sempre preoccupante, i governi recenti non hanno fatto molto per ridurre questa piaga, e sotto questo profilo le prediche e gli inviti di re Giorgio Napolitano sono rimasti inascoltati. Di lavoro si continua a morire ma questo purtroppo, lo constatiamo proprio in questi giorni, non è un argomento da campagna elettorale. Renzi, Grasso, Salvini e Berlusconi hanno in mente altri progetti e altri problemi per cercare di accaparrarsi i voti dei (pensiamo pochi) elettori che il 4 marzo si presenteranno alle urne.

 


Ezzelino da Montepulico


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