Governo: in ballo le nomine di Rai, Cassa depositi e prestiti e 44 poltrone ai vertici dello Stato

ROMA – Sarà quello delle nomine uno dei primi dossier che il Governo guidato da Carlo Cottarelli si troverà da subito sul tavolo. Una partita, questa, che, visto l’orizzonte temporale in cui opererà questo esecutivo, indicato dallo stesso Cottarelli, avrà necessariamente una portata più limitata dal momento che rimarrebbe esclusa la tornata del rinnovo ai vertici delle grandi aziende pubbliche che avrà il suo clou nel biennio 2019-2020. Ma, agenda alla mano, già nelle prossime settimane il Governo dovrà affrontare il nodo delle nomine di due aziende di peso, Cassa Depositi e Prestiti e Rai. Per Cdp, le date già cerchiate di rosso sul calendario, sono quelle del 20 e del 28 giugno prossimi, giorni in cui è convocata l’assemblea degli azionisti, in sede ordinaria e straordinaria, rispettivamente in prima e seconda convocazione. Sono queste, infatti, le nuove scadenze comunicate, il 15 maggio scorso, da Cassa Depositi e Prestiti la cui riunione dei soci era stata inizialmente fissata per il 23 maggio e il 20 giugno. Un rinvio che sarebbe stato chiesto dall’azionista di riferimento e legato proprio alla formazione del nuovo governo.
Qualcuno ha sospettato che sia proprio questo uno dei motivi che probabilmente hanno spinto Mattarella, dopo il tentativo infruttuoso di formare un governo politico, a varare un governo del Presidente che di tecnico non avrà molto, visto che i nomi che circolano sono in gran parte legati alla sinistra. Che così non viene esclusa dalla ripartizione delle poltrone, anzi è prevedibile che, nonostante lo smacco elettorale e la volontà contraria degli elettori, farà il pieno. A meno che Cottarelli, se non otterrà la fiducia, responsabilmente non decida di prorogare gli attuali incarichi, lasciando a un esecutivo finalmente eletto dai cittadini, e non legato alla sola volontà preponderante del Capo dello Stato di turno, la scelta di vertici tanto importanti.
Ma non ci sono soltanto da individuare vertici di aziende importanti, a ogni cambio di Governo deve essere rinnovata la macchina amministrativa in ossequio al principio dello spoils system, 44 poltrone legate alle sorti del Governo.
Si tratta di quelle dei segretari generali e dei capi dipartimento dei dicasteri e della Presidenza del Consiglio. Nel primo caso dovranno uscire di scena entro 90 giorni dal voto di fiducia sul nuovo Esecutivo, mentre a Palazzo Chigi i tempi sono più strette i capi dipartimento devono lasciare al massimo entro 45 giorni dal giuramento del Governo. La maggior parte degli incarichi furono assegnati sotto gli Esecutivi Renzi e Gentiloni, Renzi in particolare ha riempito i ministeri di suoi fedeli. Soltanto due posti quello del direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapercorella, nominata sotto l’ultimo Governo Berlusconi, e, sempre all’Economia, del responsabile del Tesoro, Vincenzo La Via, designato sotto il Governo Monti, sono sopravvisuti alla falcidia. Tutti gli altri incarichi sono stati assegnati nell’ultima legislatura con Letta è arrivato il ragioniere generale Daniele Franco, mentre con Renzi e Gentiloni si è delineato l’attuale assetto di comando delle amministrazioni centrali.
Ecco lo specchietto della situazione, ripreso dal Sole 24 Ore.

Si tratta di posti chiave che entro novanta giorni dal giuramento del Governo dovranno essere confermati o sottoposti ad avvicendamento. Lo prevede l’articolo 16 del decreto legislativo 165 del 2001, che è stato rimodulato due volte da altrettante sentenze della Corte costituzionale, la quale ha ridefmito, restringendolo, il perimetro degli incarichi di vertice da sottoporre allo spoils system.
Al momento, pertanto, l’avvicendamento del Governo comporta un possibile ricambio solo – così prevede il comma 8 dell’articolo 19 del Dlgs 165- dei posti di segretario generale e di quelli di «direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente». In altre parole, i capi dipartimento. Una figura che quasi tutti i ministeri hanno – laddove non c’è ci sono i segretari generali, che sovrintendono al lavoro dei direttori generali – e che abbonda a Palazzo Chigi, dove i dipartimenti sono 14 (al momento, però, tre sono senza responsabili), a cui vanno aggiunti quelli retti da ministri, come il dipartimento degli Affari regionali o quello dei Rapporti con il Parlamento.
Gli unici ministeri non interessati dallo spoils system sono la Difesa- dove anche gli organi di vertice, come il capo di Stato maggiore, sono nominati per un tempo determinato e non solo legati all’avvicendamento dei ministri – e gli Esteri,perché i diplomatici,fa sapere la Famesina, sono esclusi dal meccanismo. Un discorso a parte è, invece, quello degli incarichi di fiducia: capi di gabinetto e capi degli uffici legislativi escono di scena immediatamente, insieme con i ministri che li hanno scelti.
