Sanità: cura dei migranti, i medici denunciano l’effetto alterante sul sistema. Specialmente in Toscana

ROMA – Un’interessante indagine sul’impatto del fenomeno migratorio sul lavoro degli operatori sanitari è stata promossa dall’Osservatorio internazionale per la salute (Ois) onlus.
Se per un verso è diventata una routine curare gli stranieri, permane una sensazione di disagio nel far fronte a situazioni per le quali non ci sono risorse e strutture adeguate: lo sottolinea il 71% dei medici siciliani, ma la percentuale più alta, l’81%, riguarda le Marche. In Calabria ne parla il 55,2%. Non solo: il 77,7% degli intervistati ritiene necessarie competenze specifiche. In particolare: linguistiche (61%), medico-specifiche (57%), culturali (56%) e psicologiche (40%).
Le regioni dove è stato indicato maggiormente l’effetto alterante degli stranieri, imputabile alla trasformazione della popolazione residente, sono Toscana, Marche, Umbria e Friuli. Le patologie curate con maggiore frequenza riguardano le alte vie respiratorie (46%), l’apparato digerente (40%), traumi e lesioni (40%) e patologie dermatologiche (39%). «A conferma del fatto – scrive Ois – che a partire sono soprattutto le persone più giovani, robuste e sane». Tra i medici che hanno assistito i soli migranti in arrivo o in transito, è maggiore la quota di chi si è dovuto occupare di malnutrizione, traumi di natura psicologica e patologie dermatologiche, conseguenza delle condizioni di estrema durezza del viaggio. A conferma che la maggior parte della gente che sbarca sulle nostre coste non fuggono da persecuzioni, fame od altro, come sostengono ong, volontari interessati e professionisti (ben pagati) dell’accoglienza, ma sono migranti economici belli robusti, normalmente nullafacenti, che noi manteniamo a nostre spese.
