Strage di Ustica: 38 anni dopo resta ancora un mistero

ROMA – La tragedia di Ustica risale alla sera del 27 giugno 1980, alle ore 20,59 il DC9 Itavia volo IH870 Bologna-Palermo cessa di dare notizie di sé interrompendo i collegamenti radio. All’alba del 28, con il ritrovamento in mare di pochi rottami e di diversi corpi mutilati la conferma che il DC9 era caduto in mare. Tante le ipotesi dell’incidente, cedimento strutturale, bomba, missile, attentato. Un mistero rimasto ancora avvolto dalla nebbia, nonostante i tanti processi.
Le famiglie delle vittime, riunite in Associazione, continuano a lottare per la verità, nessun colpevole, ma per ora solo la condanna definitiva sancita dalla Cassazione lo scorso 22 maggio dei Ministeri della Difesa e delle Infrastrutture, dopo numerosi processi, per «omessa attività di controllo e sorveglianza della complessa e pericolosa situazione venutasi a creare nei cieli di Ustica». La Suprema Corte ha stabilito che i due dicasteri devono risarcire l’Itavia, la compagnia aerea proprietaria del velivolo fallita dopo il disastro.
Tra le ipotesi, la più accreditata, ma non provata, quella che il DC9 Itavia, decollato da Bologna con un’ora di ritardo, potrebbe essere stato colpito per errore, in uno scenario di guerra aerea, o nel corso dell’esercitazione.
Questa pista è stata riaccreditata recentemente dalla testimonianza, riportata da una trasmissione televisiva, di un ex marinaio statunitense che all’epoca si trovava sulla portaerei americana Saratoga. Da quella nave, che si sarebbe trovata al largo, l’allora marinaio ha raccontato di aver assistito al rientro da una missione speciale di due caccia Phantom, sembrerebbe disarmati, scarichi, ovvero privi di almeno uno dei missili di dotazione. Aerei che sarebbero serviti ad abbattere altrettanti Mig libici in volo proprio lungo la traiettoria aerea del DC9.
Ma la giustizia italiana non è arrivata ad accertare precise responsabilità.
