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Pensioni: La Lega rilancia il contributo di solidarietà, ma anche questo è a rischio incostituzionalità

Una notizia diffusa dal quotidiano online Affari italiani allarma ancora una volta i pensionati, tartassati da tutti i Governi. in un articolo pubblicato ieri si legge che, mentre il ministro del Lavoro Luigi Di Maio accelera sul taglio delle pensioni mensili oltre ai 5.000 euro, su cui intervenire già la prossima settimana, la Lega per bocca del suo più autorevole esponente in tema pensioni, già sottosegretario al Ministero del Welfare, Alberto Brambilla rilancerebbe un piano messo a punto nel programma elettorale del Carroccio: un contributo temporaneo di solidarietà per una vasta platea di pensionati. Il motivo? Come successo in passato, il probabile no della Corte Costituzionale sugli interventi su diritti acquisiti. «Toccare le pensioni ‘di privilegio’, come le ha definite qualche giorno fa il presidente dell’Inps Boeri, sembra un gran messaggio, ma potrebbe rivelarsi un boomerang», osserva infatti Brambilla.

Brambilla spiega che «se si considera il tetto dei 5.000 euro netti mensili le risorse ottenute sarebbero tra i 100 e i 120 milioni. Ma anche se, come sembra ormai orientato a fare Luigi Di Maio, il tetto scendesse a 4.000 euro netti, si otterrebbero 180-200 milioni. Mentre nella peggiore delle ipotesi il contributo di solidarietà vale un miliardo, nella migliore delle ipotesi si potrebbero anche superare i due miliardi».

Secondo il piano elaborato dal Carroccio, invece che intervenire sulle pensioni d’oro dal cui ricalcolo su base contributiva della parte dell’assegno non corrispondente alle somme versate arriverebbero poche risorse (tagli sostanziosi, ma a carico di pochi), il contributo di solidarietà verrebbe spalmato sulla quasi totalità degli assegni, escluse naturalmente le pensioni sociali, quelle di invalidità e quelle eccessivamente basse. E, pur essendo di gran lunga inferiore (Brambilla ipotizza uno 0,35% di partenza sulle pensioni più basse, per poi procedere in modo proporzionale) contribuirebbe a generare un gettito che permetterebbe al governo di avere per i prossimi quattro-cinque anni le risorse necessarie ad affrontare le principali emergenze legate al welfare: l’invecchiamento della popolazione e la disoccupazione delle fasce più a rischio, senza pesare ulteriormente sul debito pubblico che va invece ridotto. E che avrebbe, inoltre, il merito di far sedere intorno allo stesso tavolo governo e parti sociali perché un intervento di questo tipo deve essere contrattato. Infine risponde ai requisiti indicati dalla Corte Costituzionale, mentre il ricalcolo delle pensioni d’oro potrebbe rivelarsi illegittimo perché definitivo (e quindi cozzerebbe contro i diritti acquisiti dei pensionati). In realtà su questo punto Brambilla mi sembra troppo ottimista perché la Consulta, nella composizione modificata ai tempi di Renzi e Presidente Paolo Grossi, aveva magnanimamente fatto prevalere le esigenze governative dul diritto costituzionale, affermando però che si trattava di un prelievo eccezionale e non ripetibile. Un prelievo eccezionale non può essere fatto ogni due o tre anni. Questo il punto debole della proposta leghista.

Per l’esperto welfare della Lega, le risorse raccolte sarebbero finalizzato al sostegno di due fondi, uno per la non autosufficienza (Ci stracciamo le vesti per l’invecchiamento della popolazione ma poi eroghiamo assegni di accompagnamento di poco superiori ai 500 euro mensili, osserva Brambilla) e l’altro per il sostegno ai lavoratori più deboli, i giovani sotto i 29 anni che hanno contratti molto discontinui e gli ultracinquantenni che una volta licenziati non trovano più lavoro. Tutta gente che non ha versato o ha versato contributi insignificanti, beneficiata ai danni di chi ha pagato tasse e contributi rilavanti per tutta una vita. Le modalità andrebbero contrattate con i sindacati, e questo, sostiene Brambilla, permetterebbe anche di superare l’Ape sociale, perché i più deboli verrebbero tutelati quasi caso per caso.


Ezzelino da Montepulico


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