Governo: taglio alle pensioni, poche idee e confuse. Boeri spinge per ricalcolo contributivo

ROMA – Gli assegni netti sopra i 4 mila euro al mese si aggirerebbero intorno ai 40 mila. Sarebbe quindi questa la platea su cui si potrebbero abbattere i tagli volti a limare le pensioni d’oro. Per ora non si può che parlare di platee approssimative visto che le indicazioni arrivate dal vicepremier e ministro Luigi Di Maio si riferiscono agli importi netti, mentre le statistiche dell’Inps, su cui potere fare i calcoli, sono tutte relative a somme lorde. Inoltre molto cambia a seconda di dove si posiziona l’asticella, una cosa è se la sforbiciata parte dai 4 mila euro netti, altra se dai 5 mila.
Stando ai dati dell’Istituto di previdenza, infatti, le pensioni sotto i 7 mila euro lordi, che si avvicinerebbero ai 4 mila e rotti euro al netto, sono 37 mila. Ma già si riducono di diecimila, a poco più di 26 mila, se si passa alla classe sopra i 7.500 euro. Mentre il bacino raddoppierebbe, con oltre 70 mila assegni, se ci si ferma ai 6 mila euro lordi. Insomma anche piccole oscillazioni possono fare una grande differenza.
Soprattutto se con i ricavi si vuole finanziare la cosiddetta pensione di cittadinanza. Un’operazione che consisterebbe nel portare le minime a 780 euro. Secondo le stime già elaborate, sulla base delle rilevazioni contenute negli osservatori statistici, oggi in Italia ben 4,5 milioni di persone stanno sotto quella soglia.
Fin qui poi il discorso tocca gli assegni, passando alle persone il quadro cambia ancora. Secondo i calcoli fatti dall’esperto in materia del precedente governo, Stefano Patriarca, i redditi mpensionistici sopra i 5 mila euro lordi riguardano non più di 30 mila persone e l’intervento in termini di gettito vale 115 milioni l’anno. Per il presidente dell’Inps, Tito Boeri, la soluzione è un’altra e sta nell’anticipare il metodo contributivo, legato a quanto effettivamente versato, a tutti coloro che si trovano sopra i 5 mila euro lordi (non netti). Il risparmio, ha spiegato a SkyTg24, sarebbe così significativo, pari a un miliardo. Ma il bocconiano presidente sembra dare i numeri, com’è suo costume ormai. Qualsiasi sia l’ipotesi in ballo, Cgil, Cisl e Uil, mettono le mani avanti: le pensioni non si toccano.

Salvatore
Quota 100 e 41 si potrebbe attuare nel seguente modo:
per chi ha iniziato a lavorare a 15 anni ( che sarebbe il vero precoce), dopo 41anni di contributi può uscire a qualsiasi età anagrafica ( senza penalità e conteggi secondo riforma Dini)
per chi ha i requisiti di “precoce” min 1 anno di contributi versati a 19 anni, deve maturare 41 anni di contributi e età di 61anni e max 2 anni figurativi (senza penalità e conteggi secondo riforma Dini)
quota 100 con min. 63 anni e max 2 anni figurativi ( senza penalità e conteggio contributivo dal 01/01/1996)
Salvatore
Il governo potrebbe trovare la quadra dei conti estrapolando dal INPS, l’INPDAP ricreano nuovamente la cassa previdenziale per la PA… è risaputo che il governo d’allora ha versato nelle casse del INPS solo la quota parte del dipendente ma non quella del datore di lavoro (lo stato) trasferendo di fatto questo buco del 23% di tutto il montante dovuto della sua quota sui contributi della PA, al INPS.
In questo modo, sia Salvini, sia Di Maio troverebbero e risorse per realizzare da subito, sia quota 100 sia quota 41, forse anche senza penalizzazione.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/nella-fusione-linpdap-passato-allinps-anche-enorme-passivo-906925.html
https://www.investireoggi.it/economia/pensioni-inps-in-pericolo-ecco-la-verita-sui-conti/