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Ponte di genova: politici, magistrati, esperti, fate silenzio. Parlate con atti concreti

Sono figlio di un magistrato, procuratore generale a Bologna, in tempi nei quali i magistrati non facevano interviste, parlavano con gli atti, non anticipavano alcunché sulle indagini loro affidate. Figuratevi che il babbo era pubblico ministero in un famoso processo contro l’Ingic, l’ente che gestiva le imposte di consumo, uno scandalo paragonabile a quello di Mani Pulite, ma, a differenza dei ciarlieri e onnipresenti Borrelli, Di Pietro ecc, e di molti altri colleghi titolari di inchieste importanti, il nome del pm si scoprì solo quando si presentò in aula al processo.

Adesso impazzano le anticipazioni e le valutazioni, e mi spiace che nel tranello, rispondendo alle sollecitazioni della stampa, sia caduto anche un procuratore, quello di Genova, che mi sembra condurre con responsabilità e competenza le complesse indagini. Salvo il fatto che ha cominciato a parlarne troppo e troppo presto, scoprendo le carte dell’accusa a tutto vantaggio degli avvocatoni che difendono la parte additata da molti come possibile responsabile.

Dopo una chilometrica intervista al Corriere della Sera, il procuratore Cozzi aggiunge altre valutazioni, a mio avviso poco opportune, parlando con l’Adnkronos: «Non è un commento valutativo, non ha intento polemico ma semplicemente una constatazione sulla base della lettura degli atti». Lo ha detto  in merito al caso di ponte Morandi per il quale, tra le altre cose, afferma che: «la filosofia del nostro sistema vede oggi uno Stato espropriato dei suoi poteri, una sorta di proprietario assenteista che ha abdicato al ruolo di garante della sicurezza e questo comporta maggiori poteri e oneri in capo al concessionario». Se non è una mezza sentenza, poco ci manca.
«C’è da studiare bene gli atti normativi – aggiunge ancora Cozzi- è un giudizio di prima battuta non certamente lontano dalla realtà, non è basato su riferimenti precisi ma sulla lettura parziale di atti che disciplinano la materia, dalla convenzione unica speciale ad altri atti che regolano il rapporto tra Stato, ministero delle Infrastrutture e i concessionari di strade e autostrade». E non è poco.

Ma anche qualche membro della Commissione d’indagine nominata dal Mit ha subito cominciato a fornire anticipazioni, voglioso di salire al proscenio mediatico. Roberto Ferrazza, presidente della Commissione, al termine del sopralluogo sulle macerie di Ponte Morandi ha immediatamente affermato: «il crollo di ponte Morandi potrebbe esser stato determinato da una serie di concause e non solo dalla rottura di uno strallo». Anticipando anche lui un giudizio, senza magari che siano stati coinvolti gli altri componenti.

Non mi sembra che siano produttivi e corretti tutti questi comportamenti, volti soprattutto alla conquista spasmodica di un primo piano in tv o di un’intervista sui giornali, in una parola alla visibilità che oggi è la prima ambizione di molti soggetti, desiderosi di uscire dall’anonimato. Soprattutto da parte di coloro che stanno svolgendo indagini e accertamenti delicati, volti a farci comprendere chi abbia sbagliato e causato la morte di 43 persone innocenti. Noi un’idea ce l’abbiamo, ma a differenza di politici, procuratori e esperti ce la teniamo per noi, in attesa di conferme probanti. E continuiamo a fornire ai nostri lettori una cronaca puntuale e, crediamo, obiettiva, utile a comprendere meglio la vicenda.

Come diceva Cicerone (dal quarto libro della sua seconda orazione contro Verre, capitolo 25) : O tempora, o mores! Che tempi, che costumi! Da quei tempi ad oggi scopriamo che purtroppo non è cambiato molto.

 


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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