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Pensioni d’oro: tagli prospettati da Di Maio sono incostituzionali. Basta leggere leggi e sentenze

Dal sito di Franco Abruzzo, giornalista sempre impegnato nella difesa della libertà di stampa e dei pensionati, traggo un’interessante e significativa PICCOLA STORIA DI DUE PENSIONATI ALLE PRESE CON IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO –

Questa è la storia di A e di B. Sono due coetanei che hanno lavorato – con ruoli e stipendi diversi –  nella stessa azienda, negli stessi anni e per gli stessi anni. Sono andati in pensione lo stesso giorno dello  stesso mese dello stesso anno. Soltanto il loro assegno pensionistico annuo sarà  ovviamente ben diverso avendo ricevuto per tutta la vita lavorativa stipendi molto diversi e avendo dunque versato contributi molto diversi. Il Signor A ha ora una pensione lorda annua di 79.999 euro. Il Signor B di 100.000 euro annui. Sulla base delle norme ora note del disegno di legge  del governo, la pensione del Signor B verrà ricalcolata subendo una decurtazione del 20 per cento e attestandosi quindi a quota 80mila euro. Proprio come quella del Signor A. Un nuovo modello di giustizia sociale.-  La storia è a firma di GIUSEPPE MENNELLA.

L’ipotesi alla quale ha fatto cenno ancora oggi Di Maio, quella delle revisione delle pensioni superiori a 4.000 euro mensili, è ritenuta da una vasta platea di giuristi, politici e costituzionalisti palesemente contraria al dettato della nostra Costituzione. Ove, come sembra capire dalla confuse frasi del giovin signore di Pomigliano d’Arco, il ricalcolo fosse limitato a una categoria di pensionati (in ipotesi quelli che percepiscono una pensione superiore a 4.000 euro netti mensili, come da lui stesso riferito) non si tratterebbe più di una modifica generale del sistema di calcolo pensionistico, ma nella sostanza di un prelievo di natura fiscale per una sola categoria di contribuenti, con conseguente, palese, incostituzionalità della misura per la macroscopica violazione del principio di uguaglianza, sia rispetto agli altri percettori di pensione non incisi dal taglio, sia rispetto agli altri percettori di redditi (da lavoro dipendente o autonomo, da capitale, da rendita immobiliare, di impresa) superiori alla stessa soglia dei 4mila euro mensili, ma non colpiti dalla falcidie. Il ricalcolo, in due parole, non può essere limitato alle pensioni più alte, pena l’incostituzionalità. Si osserva per di più che i pensionati in questione hanno versato i contributi nel vigore del sistema retributivo e non in via discrezionale, bensì nella misura che imponeva loro il sistema all’epoca vigente.

Anche l’ipotesi del contributo di solidarietà, avanzata in alternativa dai suoi alleati leghisti, è ben vero che in passato ha ricevuto un dubbio via libera dalla Consulta renzizzata, ma entro certi limiti e con paletti ben rigidi. Ricordiamo, visto che pare non ne sia a conoscenza, al nostro vicepremier che «in definitiva, il contributo di solidarietà, per superare lo scrutinio stretto di costituzionalità, e palesarsi dunque come misura improntata effettivamente alla solidarietà previdenziale (articoli 2 e 38 della Costituzione), deve: operare all’interno del complessivo sistema della previdenza; essere imposto dalla crisi contingente e grave del predetto sistema; incidere sulle pensioni più elevate (in rapporto alle pensioni minime); presentarsi come prelievo sostenibile; rispettare il principio di proporzionalità; essere comunque utilizzato come misura una tantum» (Sentenza della Consulta 173/2016).

Questi non sono argomenti pretestuosi che Di Maio attribuisce al Fronte dei Privilegiati che vogliono mantenere emolumenti stratosferici in danno dei poveri giovani nullafacenti. Sono le fondate argomentazioni, giuridiche, contabili e logiche opposte da chi conosce bene la questione, con cui Di Maio e i suoi seguaci dovranno scontrarsi, e sarà una lotta dura, che noi contibueremo a combattere. Ne va proprio della difesa di quell’equità e di quella giustizia sociale di cui il viceprenier, novello Robin Hood, si riempie la bocca.Noi chiediamo soltanto che lo Stato rispetti quel contratto previdenziale e sociale che è stato virtualmente firmato da ciascuno di noi, secondo regole vigenti all’epoca, che possono essere cambiate, ma per il futuro, non con effetto retroattivo, stravolgendo la Stato di diritto, seguendo le idee strane di un miracolato della politica e di un bocconiano pretenzioso quanto inefficiente, attualmente purtroppo alla guida dell’Inps. Un altro regalo che dobbiamo alla grande lungimiranza di Renzi…..

 


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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