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Bambini in carcere: una dolorosa realtà alla quale la politica non sa porre rimedio

Un doloroso fatto di cronaca, una madre in carcere che getta i suoi figli – anch’essi in galera –  dalle scale di Rebibbia, ha riproposto il gravissimo problema dei bambini detenuti in carcere che i nostri politici, i nostri educatori, i nostri ooeratori peniutenziari, dopo milioni di chiacchiere e di dibattiti a vuoto non sono riusciti a risolvere. Un’analisi impietosa di questo fatto e di questa situazione è stata fatta in un articolo di Maria Giovanna Cogliandro, Alice nel paese della barbarie, pubblicato su www.rivieraweb.it.

Si inizia col racconto degli avvenimenti: «avevano varcato i cancelli del Rebibbia lo scorso agosto quando la loro mamma, Alice, è stata arrestata con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti. Quei due marmocchi, 4 mesi la femminuccia, quasi due anni il maschietto, sarebbero cresciuti secondo i ritmi del carcere, tra fredde divise e il tintinnio di chiavi metalliche che di tanto in tanto urlano dentro le serrature. Così fino a fine pena per una colpa non loro.lo scorso 18 settembre, intorno all’ora di pranzo, Alice ha aspettato di essere l’ultima nella fila delle detenute e una volta arrivata al refettorio, anziché allattare la sua piccolina, l’ha scaraventata giù dalle scale, insieme al fratello più grande. Per la bimba non c’è stato nulla da fare, ha perso la vita nello schianto. Per il fratellino, inizialmente ricoverato al Bambin Gesù, mercoledì scorso è stata accertata la morte cerebrale e avviate le pratiche per la donazione degli organi». Questa la storia di due bambini vittime dell’incapacità degli adulti.

La politica ha ovviamente le sue colpe, molti ministri hanno cianciato invano, senza poi far nulla di concreto. Vediamo i più recenti. Nel 2007 inizò il ministro Clemente Mastella, che partecipò a un convegno dal titolo: «Che ci faccio io qui? Perché nessun bambino varchi più la soglia di un carcere». Resta sempre valida, dopo undici anni, la stessa domanda. Nel 2009 toccò ad Angelino Alfano, che dichiarò: «Un bambino non può stare in cella. Approveremo una riforma dell’ordinamento carcerario che consenta di far scontare la pena alle mamme in strutture dalle quali non possano scappare ma che non facciano stare in carcere il bambino». Nel 2012 fu la volta del ministro Paola Severino: «In un Paese moderno è necessario offrire ai bambini, figli di detenute, un luogo dignitoso di crescita, che non ne faccia dei reclusi senza esserlo». L’anno dopo arrivò Anna Maria Cancellieri, particolarmente sensibile ai problemi dei carcerati, ricorderete tutti la telefonata per la Ligresti, al centro di infinite polemiche. Ma s’interessò anche dei bambini chiusi in carcere affermando: «Stiamo lavorando perché vogliamo far sì che non ci siano mai più bimbi in carcere». L’esito della promessa fu, come i predecessori, un buco nell’acqua, tento che nel 2015 Andrea Orlando si sentì in dovere di promettere: «Entro la fine dell’anno nessun bambino sarà più detenuto. Sarà la fine di questa vergogna contro il senso di umanità». Sono passati tre anni e quei bambini sono ancora lì.
Una legge del 2011 aveva previsto la nascita di case famiglia protette o degli ICAM (Istituto di Custodia Attenuata per Madri detenute) in cui ospitare madri che stanno scontando una pena non superiore a quattro anni e che non hanno un altro posto dove andare. Un modo, questo, per tenere i bimbi lontani dalle sbarre e dalle celle. Le detenute in attesa di giudizio, come Alice, però, non hanno alcun diritto di accedervi a differenza di chi è stata già condannata. I paradossi della giustizia italiana…

Inoltre, la normativa prevedeva che lo Stato stanziasse i fondi per realizzare queste strutture ma stabiliva che dovevano pensarci gli enti locali. Gli enti locali ci hanno pensato pochissimo: mancano i soldi. E così, a 7 anni dall’entrata in vigore, esiste un solo ICAM a Milano, mentre altri (a Venezia, Torino, Cagliari e Avellino) si trovano all’interno dei rispettivi penitenziari. Le case famiglia sono poche e per accedervi è necessario non incorrere nella recidiva. Nonostante gli interventi legislativi, quindi, molti bambini continuano a varcare i cancelli del carcere. Attualmente sono 62 i bimbi detenuti con le madri. Di queste, 27 sono italiane, con 33 bambini; 25 le straniere, con 29 figli. Come si vede sono numeri limitati, si tratta solo di buona volontà e di adeguare leggi e istituzioni carcerarie, ma nessun governo se ne è preso cura, si è pensato solo al problema dei migranti, da un lato per favorire l’invasione, dall’altro per bloccarla.


Ezzelino da Montepulico


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