Vitalizi: dal 1 gennaio 2019 tagli sia al Senato che alla camera. Le regole applicate

Sembra ormai definita la questione del taglio dei vitalizi ai parlamentari, anche se sono pendenti 700 ricorsi contro le delibere del Presidente della Camera e altri se ne attendono per il Senato. Dal 2019 ci sarà il taglio dei vitalizi anche per i senatori, con modalità analoghe a quelle della deputati. La delibera approvata lo scorso 16 ottobre dall’ufficio di presidenza di Palazzo Madama prevede il ricalcolo retroattivo dei vitalizi dei senatori in base a un sistema contributivo. In parole semplici, vengono ricalcolati gli assegni in essere, che possono quindi subire tagli anche vistosi.
Il vitalizio dei senatori viene ricalcolato attribuendo un montante contributivo pari a un terzo dello stipendio che percepivano durante il mandato, sommando l’eventuale contribuzione aggiuntiva per la pensione ai superstiti, e applicando coefficienti di trasformazione stabiliti dall’INPS. In sintesi, si applica un calcolo contributivo a tutti i vitalizi in essere.
Attualmente il vitalizio dei senatori si calcola con il contributivo solo a partire dal 2012, mentre la parte di assegno precedentemente maturata cambia a seconda delle legislature:
- dal 25 all’85,5% dell’indennità parlamentare lorda fino alla 13esima legislatura (2001),
- dal 25 all’80 per cento dell’indennità, con 30 anni di mandato parlamentare fino alla 15esima legislatura (2008),
- dal 20 al 60% dell’indennità, con 15 anni di mandato dalla 16esima legislatura (2009).
Ora il giro di vite, che impone il ricalcolo di tutte le prestazioni. In caso di decurtazioni particolarmente ingenti, sono previsti dei correttivi. C’è un minimo a 980 euro al mese, che sale a 1.460 nel caso in cui per effetto del ricalcolo il vitalizio si riduca di oltre il 50% rispetto alla somma precedentemente incassata. E’ infine possibile chiedere al consiglio di presidenza un ulteriore incremento del 50% nei seguenti casi: l’ex senatore non percepisce altri redditi annui (escluso quello determinato dal possesso della casa di abitazione), oppure sia affetto da patologie gravi.
Come si vede, la norma è del tutto analoga a quella prevista per i deputati (che a sua volta sarà operativa dal 2019). Quest’ultima è una misura che, si calcola, impatta su 1.338 vitalizi, che saranno interamente calcolati con il sistema contributivo. E’ previsto comunque, anche qui, un tetto minimo, pari a 980 euro netti mensili, oppure a 1470 euro per coloro che, in virtù del taglio, subiscono una decurtazione superiore al 50%.
Si calcola che ci siano ex parlamentari che, dal gennaio prossimo, prenderanno fino a 5mila euro in meno. Sono 11 i deputati che subiranno la riduzione più consistente,mentre circa 700 vedranno il vitalizio ridursi dal 20 al 50%. Dei 1.405 parlamentari che percepiscono l’assegno, ce ne sono 67 che invece non subiranno il taglio, perché nel loro caso il metodo contributivo comporterebbe un aumento, e non una riduzione, del trattamento. Per loro, è previsto un diverso tetto massimo, rappresentato dall’importo percepito nell’ottobre 2018.
Una situazione che potrà essere definita solo dopo che saranno esperiti tutti i gradi e le possibilità di ricorsi, fino alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, la quale però, recentemente, in tema di ricorsi pensionistici, si è appiattita sui pareri e le decisioni della Corte Costituzionale italiana, favorevole alle tesi del governo, patrocinate dall’Avvocatura dello Stato. Non c’è più un giudice neppure a Berlino, oltre che a Roma, do vela giustizia ormai sembra sparita.
