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Previdenza: liquidazione in ritardo (a 67 anni) per gli statali che lasciano in anticipo. Cambio della governance Inps e Inail

Tito Boeri Inps

ROMA – Sul Mattino di oggi Andrea Bassi annuncia una novità sgradita, l’ennesima fregatura per i dipendenti pubblici ordita dal governo gialloverde, che segue le orme dei governi Renzi e Gentiloni, nemici giurati dei pubblici dipendenti.

Per gli statali che lasceranno in anticipo il lavoro utilizzando lo scivolo di Quota 100, la buonuscita verrà pagata soltanto al momento in cui matureranno i requisiti previsti dalla legge Fornero, ossia una volta raggiunti i 67 anni. È una delle norme inserite nel decreto legge per la riforma delle pensioni e per il reddito di cittadinanza che il governo approverà probabilmente in consiglio dei ministri il prossimo 14 gennaio. Quello del trattamento di fine servizio (Tfs) e di fine rapporto (Tfr) degli statali, era uno dei nodi più complessi da sciogliere. Pagare immediatamente le liquidazioni ai dipendenti pubblici avrebbe avuto un costo proibitivo per le casse dello Stato, oltre 7 miliardi di euro, che andrebbero sommati ai 21 miliardi che già costa in tre anni la misura. Il pagamento, dunque, sarà posticipato. Un ritardo che nei casi più estremi potrebbe arrivare anche fino a otto anni.

La regola infatti sarà questa: la liquidazione potrà essere incassata solo nel momento in cui saranno maturati i requisiti previsti dalla normativa Fornero, ossia 67 anni di età, o 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva. Il decreto prevede però, che rimangano in vigore anche le regole di liquidazione attuali della buonuscita. Oggi il Tfr e il Tfs vengono liquidati solo fino a 50 mila euro, mentre se l’importo supera i 50 mila euro, ma è inferiore a 100 mila euro, viene liquidato in due rate annuali (con un ritardo quindi di 12 mesi); se l’importo supera i 100 mila euro, le rate annuali diventano tre. Insomma, se un dipendente pubblico lasciasse il lavoro a 62 anni di età avendo versato 38 anni di contributi (come previsto da Quota 100), e avesse maturato una liquidazione superiore a 100 mila euro, per avere l’intera cifra dovrebbe aspettare i 70 anni.

Nel testo, poi, è stato inserito l’azzeramento dei vertici dell’Inps e dell’Inail. La misura cancella dieci anni di gestione semicommissariale e reintroduce il consiglio di amministrazione. Il riordino avrà come effetto collaterale quello di azzerare gli attuali vertici dei due enti, il presidente dell’Inps Tito Boeri, particolarmente inviso alla Lega per le sue continue bocciature delle modifiche alla Fornero, e il presidente dell’Inail Massimo De Felice. La nuova governance prevede un consiglio di amministrazione composto da quattro consiglieri e dal presidente. Sarà nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Si va verso il commissariamento per Inps e Inail: secondo quanto si apprende da fonti vicine al dossier dovrebbe essere questa la strada per superare l’empasse della riforma della governance dei due enti. Il Governo quindi,
subito dopo il varo del decreto che introdurrà Quota 100 e il Reddito di cittadinanza ma che prevederà anche il ritorno dei consigli di amministrazione per gli enti, dovrebbe nominare i commissari. Ci sarà più tempo quindi per la nomina dei Cda e dei presidenti che non è escluso siano gli stessi commissari, come già per l’Inps con Sassi e Mastrapasqua.

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