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Brexit: senza accordo problemi a Londra per mezzo milione d’italiani e 3 milioni di europei

Brexit, la grande fuga degli europei e anche degli italiani sembra dover iniziare frapoco, visti gli ultimi esiti della vicenda Brexit. la May non cede e non si dimette, la Camera dei Comuni boccia la sua proposta di accordo, l’Ue spazientita convoca un vertice urgente per il 10 aprile. Intanto anche gli arrivi degli italiani (ma anche di altri europei) nel Paese diminuiscono, soprattutto se paragonati alle cifre vertiginose di qualche anno fa, quando ogni mese due o tremila italiani si trasferivano con armi e bagagli. Crescono invece le partenze, le persone che stanno scegliendo di spostare altrove progetti ed energie vista la situazione di stallo in cui versano gli investimenti.

Chi lavora nella City, se non è stato già trasferito a Milano o in altri capitali finanziarie, deve vedersela con piani A e piani B nel caso, mai del tutto escluso, anzi adesso più vicino, del no deal. Si constata una grande corsa ai documenti, alla regolarizzazione, come dimostra la pressione enorme a cui è sottoposto il consolato italiano, che però si è dotato di nuovi strumenti per far fronte alla situazione: è stato assunto nuovo personale, 15 persone per adeguare la struttura al fatto che, con 350mila iscritti all’Aire, Londra ha le esigenze di una cittadina italiana.

Il governo italiano, con il decreto legge sulla Brexit, ha disposto alcune misure urgenti per la tutela dei suoi cittadini, autorizzando 3,5 milioni di euro di spesa su due anni per adeguare gli uffici consolari alle esigenze e altri fondi, tra cui 1,5 milioni per migliorare la tempestività dei servizi, tenendo conto anche di chi, avendo la nazionalità britannica, sta riscoprendo le proprie radici italiane per tenere un piede nell’Unione europea dopo la Brexit.

Anche se in teoria i diritti dei 3 milioni e mezzo di cittadini europei sono tutelati già dal dicembre del 2017, anche in caso di no deal,  attraverso la procedura per il settled status snellita al punto da essere fattibile in un paio di clic, un recente rapporto della commissione per i diritti umani del Parlamento ha lanciato un allerta. E ha messo in guardia sulla possibilità che per molti residenti, gente che paga le tasse da anni e che contribuisce attivamente all’economia del Paese ma magari non ha dimestichezza con la tecnologia, ci siano difficoltà ad accedere ai sussidi e ad altri diritti, lasciando le persone in un «limbo sui diritti» dovuto al fatto che spetta al ministro dell’Interno approvare la legislazione secondaria in grado di garantire ai cittadini Ue gli stessi diritti che hanno adesso.

Il governo ha promesso che chiunque si registri prima della fine del periodo di transizione avrà diritto di rimanere dopo cinque anni. Ma sussistono ancora concreti timori, visto che in passato, ad esempio, per gli immigrati caraibici le cose non sono andate così lisce, tanto che moltissimi sono stati costretti al rientro nel paese d’origine.

Dovranno essere precisate le regole reciproche Ue-Gran Bretagna, stabilite nel rapporto Brexit, non approvato dalla GB, e il problema non coinvolge una massa piccola di persone, visto che in GB risiedono e lavorano 3 milioni di cittadini europei (500.000 italiani), i cittadini britannici nei Paesi Ue sono circa 1 milione. Per quanto riguarda gli italiani si contano 280.000 iscritti all’Aire (anagrafe degli italiani all’estero) in tutto il Regno Unito, molti qualificati, visto che si parla di 4.000 medici, oltre 22.000 professori universitari e oltre 10.000 studenti.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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