Conflitto d’interessi: nel mirino dei 5stelle ricchi, magistrati, giornalisti e lobbisti

ROMA – Un articolo di Federico Capurso su La Stampa ci svela i dettagli del progetto grillino in merito alla regolamentazione del coonflitto d’interessi, da tempo nel mirino dei pentastellati.
«I membri del governo, quelli del parlamento nazionale ed europeo e i presidenti delle Authority – scrivono i Cinque stelle – dovranno sottostare a rigide regole di incompatibilità, oltre a essere soggetti al limite dei due mandati che finora solo i Cinque stelle si infliggono. Non sarà eleggibile chi è titolare, anche per interposta persona, di patrimoni che superino i 10 milioni di euro, o che abbiano partecipazioni in imprese con diritti esclusivi, monopoli, radio tv, editoria, internet o imprese di interesse nazionale, anche all’estero o in una onlus, con quote societarie superiori al 2 per cento per i membri del governo, e al 5 per cento per i parlamentari, o che abbiano anche solo dei rapporti contrattuali di «qualsiasi natura» con la pubblica amministrazione».
Una stretta anti-ricchi, dunque, che non permetterebbe ai grandi imprenditori di entrare in politica se non privandosi delle loro imprese o cedendole a familiari oltre il quarto grado. I membri del governo sono tenuti – si legge nella bozza della proposta di legge – ad «astenersi dal partecipare a qualsiasi decisione che riguardi gli interessi in conflitto». Pena: sanzioni che vanno da 50 a 500 mila euro e che verranno comminate dall’Antitrust. Per i parlamentari, invece, ci saranno solo 300 giorni per liberarsi dei conflitti di interesse, dopo di che arriverà in automatico la decadenza dalla carica e pesanti sanzioni sia al parlamentare che al partito di appartenenza.
Di Maio interviene anche sui magistrati, quasi invitandoli a non entrare in politica: «I magistrati, esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, non sono eleggibili se hanno svolto le loro funzioni nei sei mesi antecedenti alla data di accettazione della candidatura», si legge nelle proposte del M5S, «e non sono in ogni caso eleggibili se, all’atto dell’accettazione della candidatura, non si trovino in aspettativa non retribuita». La stretta più dura, però, arriva sulle conseguenze della candidatura: «Se sono stati candidati e non sono stati eletti, non possono esercitare le loro funzioni per un periodo di ventiquattro mesi, né percepire alcuna retribuzione ad esse relativa». Mentre quelli eletti «non possono esercitare, dopo la cessazione dal mandato, le loro funzioni né percepire alcuna retribuzione ad esse relativa, per un periodo di cinque anni». Anche i «direttori e i vicedirettori di testate giornalistiche nazionali non sono eleggibili se hanno esercitato l’incarico nei sei mesi antecedenti alla candidatura».
Anche i lobbisti finiscono nel mirino dei grillini. Nascerà un Registro pubblico al quale le lobby saranno costrette a iscriversi. Vietato però a chi fa politica e condannati. Per i lobbisti ci sarà poi l’obbligo di produrre un documento annuale in cui segnalare le attività svolte e le risorse economiche stanziate per esercitar pressioni. Chi dovrà sorvegliare sarà l’Autorità anticorruzione e un Comitato di sorveglianza che nascerà in seno a palazzo Chigi. E anche in questo caso, ogni violazione porterà sanzioni da 50 a 250 mila euro.
