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Pressione fiscale sale al 38%, si torna quasi ai livelli del Governo Renzi, 2015 (38,9%)

ROMA – La pressione fiscale nei primi tre mesi del 2019 è risultata del 38%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È il dato più alto dal 2015. Lo rileva l’Istat, precisando che anche in questo caso vale solo il confronto annuo, tra stessi trimestri. Nel primo la pressione fiscale, come sempre si osserva, mostra un livello più basso rispetto al resto dell’anno. Ripercorrendo a ritroso i livelli registrati dalla pressione fiscale, sempre nel confronto tra primi trimestri, l’Istat ricorda che, appunto, nel 2018 era stata pari al 37,7%, stesso dato rilevato nel 2017, mentre nel 2016 era stata pari al 37,9%. Per trovare un dato superiore a quello del primo trimestre del 2019 si deve torna quindi a inizio 2015, quando era stato toccato un valore pari al 38,9%.

Diventa quindi più attuale il tema della riduzione del carico fiscale nel nostro Paese. Tra le diverse proposte anche la CGIA dice la sua: «Ancorchè parziali, i dati diffusi oggi dall’Istat confermano che la pressione fiscale è in leggero aumento. Un dato preoccupante che ci spinge ad invocare, ancora una volta, una drastica riduzione delle tasse, ovviamente senza che ciò comporti un ulteriore aumento del debito pubblico”. Come reperire le risorse ? «Attraverso, ad esempio, una razionalizzazione della tax expenditures». A dirlo è il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo.

«È verosimile ipotizzare – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – che con meno tasse da pagare, si registrerebbe una decisa emersione di base imponibile tale da consentire all’Amministrazione finanziaria di concentrare le attività di contrasto nei confronti dei comportamenti fiscali più insidiosi. Se non lasciamo soldi in tasca ai cittadini e alle imprese non rilanceremo i consumi né gli investimenti. Due indicatori che negli ultimi anni faticano a tornare ai livelli pre-crisi».

I 137,6 miliardi di sgravi fiscali concessi ogni anno ai contribuenti italiani sono un “tesoretto” dal quale si possono recuperare non pochi miliardi. Essi sono così articolati: 61,1 miliardi di tax expenditures; 39,1 miliardi di detrazioni ai lavoratori dipendenti, ai pensionati e agli autonomi; 26,8 miliardi di sgravi sui tributi locali; 10,6 miliardi per detrazioni familiari a carico. Le misure strettamente riconducibili alla voce “tax expenditures”, ad esempio, sono composte da 513 agevolazioni e le prime 20 incidono sul totale della spesa (pari a 46,1 miliardi all’anno) per il 75,5 per cento. Ciò vuol dire che la spesa per questo pacchetto di interventi agevolativi è fortemente concentrato su poche voci.

Pertanto, concludono dalla CGIA, c’è la possibilità di “tagliare” una parte di queste agevolazioni senza fare alcuna macelleria sociale. Come ? Attraverso l’esclusione di deduzioni e detrazioni fiscali che oggi vanno a beneficio anche ai redditi medio-alti.

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