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Virus cinese: riunioni internazionali trasformate in audioconferenze. Pechino: l’infezione non partì da Wuhan

ROMA – E’ allarme, nel mondo, per il virus cinese. Che sta provocando problemi anche agli appuntamenti internazionali ai quali partecipano delegazioni dalla Cina: alcune riunioni, anche di affari, vengono trasformate in audio conferenze. Per evitare il contatto fisico fra partecipanti. Intanto, Pechino fa sapere che il primo caso di infezione da coronavirus 2019-nCoV risale al primo dicembre e la persona infettata non era stata al mercato ittico di Wuhan. E’ quanto emerge dalla ricostruzione delle prime fasi dell’epidemia pubblicata sulla rivista The Lancet e segnalata dalla rivista Science sul suo sito. Dei primi 41 casi esaminati dal gruppo di ricerca cinese guidato da Chaolin Huang, dell’ospedale Jin Yin-tan di Wuhan, 27 (pari al 66%) erano stati al mercato a partire dal 10 dicembre.

Il bilancio ufficiale delle vittime del coronavirus sale a 80 morti ed oltre 2.300 casi di contagio confermati in tutta la Cina. Pechino ha deciso di prorogare le festività per il Capodanno cinese di tre giorni fino al 2 febbraio, come parte delle misure del governo per combattere l’epidemia di polmonite virale. Inizialmente i cinesi sarebbero dovuti tornare a lavorare venerdì 31 gennaio, dopo sette giorni festivi che si traducono in centinaia di milioni di viaggi in tutta la Cina.

Primo caso d’infezione, a quanto pare, in Africa. Le autorità della Costa d’Avorio stanno effettuando controlli per un sospetto contagio da coronavirus che, se confermato, sarebbe quindi il primo nel continente africano. Si tratta di uno studente ivoriano di rientro da Pechino. In Austria si studia un caso sospetto: una cittadina cinese, che vive a Vienna, recentemente in ferie nella zona colpita.



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