Consiglio Ue: Klaus Regling (Mes) indicava la strada delle linee di credito rafforzate, Conte risponde no

ROMA – Il premier Conte ha giustamente rifiutato le proposte del Consiglio europeo in tema di interventi contro il Coronavirus, ed ha avuto perfettamente ragione. Infatti i Paesi del Nord e la Germania avevano preparato la polpetta avvelenata nei confronti dei Paesi indebitati come Spagna e Italia. Veniva indicata come soluzione l’utilizzazione prioritaria delle Eccl che, secondo quanto spiegato in conferenza stampa dal direttore del Mes Klaus Regling (quello della frase Italia e Spagna debbono inginocchiarsi, poi smentita) martedì sera, erano destinate ad essere rese disponibili a tutti i Paesi, ma la scelta se attivarle o meno sarebbe spettata ai singoli Stati. Questa modalità non evita però il rischio di uno ‘stigma’ per lo Stato che ne fa richiesta. Un rischio grosso, per chi, come l’Italia, è esposto, per via del suo debito pubblico elevato, agli attacchi dei mercati finanziari. E si comprende perciò perché Regling insisteva su questa alternativa. Altra soluzione i coronabond.
Sugli eurobond, o coronabond che dir si voglia, si è confermata la classica divisione nord-sud: mentre su molti temi siamo della stessa idea, ha detto il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel in una conferenza piuttosto evasiva (anche per via della modalità, obbligata, in remoto, che non facilita il confronto con la stampa) al fianco di Ursula von der Leyen, su altri temi dobbiamo continuare il dialogo politico per essere uniti.
ECCL – Vediamo cosa sono le Eccl (Enhanced Conditions Credit Lines, linee di credito a condizioni rafforzate) del Mes, linee di credito che avrebbero una dimensione del 2% del Pil del Paese richiedente (per l’Italia circa 36 mld di euro). Sarebbero a disposizione di tutti gli Stati, ma la scelta se richiederle e attivarle spetterebbe a ciascun Paese (cosa che comporta il rischio dello ‘stigma’ dei mercati). Funzionerebbero come un ‘backstop’, una garanzia aggiuntiva, contro attacchi speculativi, in un momento in cui in diversi Paesi contano i morti a migliaia, in particolare nel Nord Italia, a Madrid e nell’est della Francia.
La condizionalità delle Eccl sarebbe minima, ha spiegato Centeno: a breve termine, il Paese deve utilizzare le risorse specificamente per i costi della risposta all’epidemia di Covid-19, inclusi i costi sanitari e i costi economici sostenuti. Nel lungo termine, ha aggiunto Centeno, gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sull’assicurare un percorso sostenibile di finanza pubblica. Su questo approccio, ha detto, c’è un largo consenso, che non vuol dire l’unanimità. Per questo la palla passa ai leader, cioè al massimo livello politico.
Secondo una fonte, sulle Eccl le posizioni tra le parti restano distanti. L’altra opzione resta quella degli eurobond, o coronabond, cioè emissioni di debito comune garantite dai Paesi in solido, cui ha aperto anche la presidente della Bce Christine Lagarde, pur senza elaborare troppo. Ci sarebbero anche opzioni intermedie, e nell’Ue c’è chi ci lavora: un safe asset europeo, la cui mancanza è il vero tallone d’Achille dell’architettura dell’Eurozona (oggi c’è solo il Bund, la ‘carta’ tedesca, che non a caso ha rendimenti negativi), può anche essere diverso da un eurobond, termine che attiva un ‘frame’ preciso e che scatena reazioni negative a nord. In ogni caso, gli eurobond restano materiale radioattivo per i Paesi rigoristi (in primis Olanda e Germania): comportano la mutualizzazione del debito, cioè la garanzia comune dei debiti dei Paesi del Sud, Italia in primis, da parte dei nordici.
