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Coronavirus e Ue. Mes sanitario e Mes in vigore, le conseguenze per l’Italia

Le polemiche sul fondo salva Stati, ovvero il Mes, alle quali abbiamo assistito nell’ultima settimana, dopo l’Eurogruppo del 9 aprile, sembra che si stiano attenuando visto che il centrodestra, probabilmente spinto da Mattarella, ha decisio di soprassedere fino al prossimo Consiglio europeo del 23 aprile. Restano invece le polemiche all’interno della maggioranza litigiosa, fra M5S e Pd, ma in merito a queste non sembra che Mattarella abbia ritenuto opportuno intervenire. Mentre il premier Conte continua a giocare il ruolo dell’uomo solo al comando, decidendo dopo consultazione dei soli suoi fidi scudieri.

Nel frattempo le varie fazioni politiche e i vari esperti si sono cimentati nello spiegare le varie ipoteso di utilizzo del Mes e le conseguenze positive o negative per l’Italia, tirando la coperta da una parte o dall’altra secondo le proprie convinzioni e convenienze politiche. Ecco che da un lato la pattuglia strainteressata di Monti, Prodi e Gualtieri si schiera a spada tratta a favore dell’utilizzo del Mes, mentre esponenti del centro destra prevedono la rovina dell’Italia e l’avvento della troika, come avvenne in Grecia. E non sembrano molto lontani dalla verità.

Ma cerchiamo di riassumere come nacque il Mes, quali sono le regole d’ingaggio di questo strumento e quali le possibili attenuazioni promesse dall’Eurogruppo.

Una premessa è d’obbligo: il Mes, detto altrimenti Fondo salva Stati, è regolato da un articolo del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), il 136, che prevede soltanto «rigorosa condizionalità» per la concessione dei prestiti. Fino alla modifica del Trattato, questa è la regola che vale. 

RIprendiamo un documento ufficiale, che non può essere accusato di partigianeria,  il Dossier n. 15 del 29 novembre 2019 della camera dei deputati che tratta proprio di  quest’argomento:

Il Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato definitivamente approvato nel 2012, dopo una lunga serie di accordi iniziati nel marzo 2011,  per fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell’Eurozona che si trovano in gravi difficoltà finanziarie o ne sono minacciati. Il MES ha affiancato e poi sostituito due strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria: il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), istituiti originariamente per 3 anni (fino al 31 dicembre 2012), e poi prorogati fino al 30 giugno 2013. L ‘Italia è il terzo Paese per contributo al capitale del MES, dopo la Germania (190 miliardi di euro – 26,9%) e la Francia (142 miliardi di euro – 20,2%).

Ma quali le conseguenze dell’applicazione di questo regime? Vediamo in pratica cosa era successo con l’applicazione delle regole del Mes alla Grecia, nel settembre 2011, quando entrò in azione la famigerata troika. Lo ricostruiamo sulla base di un articolo di Tino Oldani apparso su Italia Oggi del 7 aprile 2020.

«In quell’occasione la Troika (Commissione Ue, Bce e Fmi) affidò al Mes, guidato allora come oggi dal falco tedesco Klaus Regling, il compito di stabilire le rigorose condizionalità necessarie per sbloccare una tranche di 8 miliardi di aiuti. Eccole, in sintesi:

Punto primo: un colpo d’accetta sulla pubblica amministrazione, per ridurne drasticamente il costo per il bilancio statale. Fu così che 30 mila dipendenti pubblici vennero spostati dalla sera al mattino in una sorta di «riserva lavorativa», a cui venne tagliato lo stipendio del 40% per 12 mesi.

Punto secondo: un taglio secco del 20% su tutte le pensioni superiori a 1.200 euro lordi al mese,;

Punto terzo: introduzione di una patrimoniale annua su tutte le case, compresa la prima, pari a 10 euro al metro quadro. Provvedimento che ha costretto molte famiglie greche, rimaste senza stipendio, a vendere la casa per quattro soldi, a causa del crollo inevitabile del mercato immobiliare.

Punto quarto: privatizzazione di tutti i servizi pubblici essenziali, comprese le infrastrutture strategiche a pagamento, come porti, aeroporti, ferrovie e autostrade. Il che ha dato il via  alla spoliazione di tutti gli asset migliori della Grecia, in testa l’aeroporto di Atene (preso dai tedeschi) e il porto del Pireo (acquistato dalla Cina).

In cambio di tutto ciò, la Grecia ha ricevuto nel corso di quasi un decennio la somma di 250 miliardi. Di questi cosiddetti aiuti, però, ben poco è andato alla popolazione. La causa? Lo ha spiegato in modo chiaro Massimo D’Alema in una intervista a Sky Tg 24 nel luglio 2015, il cui filmato è diventato virale e gira ancora sul web: «Si dice: noi paghiamo le pensioni dei greci. No! Noi paghiamo le banche tedesche, e di questi soldi i greci non sentono neanche l’odore. Noi abbiamo dato alla Grecia 250 miliardi di euro. Ma non per le pensioni dei greci, ma per pagare le banche tedesche».

Questi dunque sono stati gli effetti dell’applicazione del Mes con le regole in vigore. Passiamo a esaminare le nuove regole proposte dall’Eurogruppo.

REGOLE EUROGRUPPO 2020
La novità approvata durante l’Eurogruppo del 9 aprile sta nell’esclusione delle spese sanitarie dirette e indirette legate al Covid-19 dai vincoli del Mes. L’accordo prevede la possibilità per i paesi dell’Eurozona di ottenere liquidità fino ad un massimo del 2% del Pil fino alla fine dell’emergenza. Nello specifico, il Mes mette a disposizione dell’area euro 240 miliardi e ogni paese potrà chiedere un finanziamento che corrisponda al massimo al 2% del proprio Pil (circa 35 mld di euro per l’Italia) per far fronte alle spese sanitarie dirette e indirette. Soltanto in questo caso le condizioni generalmente previste dal Meccanismo di Stabilità saranno sospese.

Ma rimarranno invariate le regole per chi deciderà di appoggiarsi al fondo per altre ragioni, e pertanto per tutte le altre spese le cosiddette linee di credito del Mes, ovvero le condizioni imposte allo stato che decide di beneficiare dell’aiuto del fondo, continuano a prevedere:

consolidamento fiscale attraverso tagli alla spesa pubblica al fine di ridurne i costi;
riforme strutturali per stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro;
interventi nel settore finanziario con un aumento della sorveglianza da parte della cosiddetta Troika come nel caso della Grecia (ovvero il controllo incrociato da parte di Commissione europea, BCE e – se coinvolto – FMI) con un occhio di riguardo per le banche fino al potere di ricapitalizzazione.
La procedura di concessione e le condizioni variano in base al paese richiedente. Si distinguono due diverse linee di credito per i paesi con una situazione finanziaria solida e per quelli il cui quadro economico-finanziario è già compromesso, rispettivamente Precautionary Conditioned Credit Line (PCCL) e Enhanced Conditions Credit Line (ECCL). In quest’ultimo rientrerebbero la maggior parte dei paesi del sud Europa, Italia compresa.

Ecco, questa è la situazione reale e Conte sta infilandosi ad occhi chiusi nella trappola tesa dai molto più esperti colleghi europei, senza l’avallo del Parlamento. Alla faccia della democrazia.

 


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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