Coronavirus, ultrasessantenni chiusi in casa? Io disobbedirò. Ma c’è chi farà peggio
Disobbedirò, lo dico subito. Compirò settant’anni fra un mese e mezzo, ma se lo Stato dovesse obbligare gli ultrasessantenni a stare a casa per proteggerli dal rischio contagio da Covid-19, non rispetterò il provvedimento. E varcherò la zona rossa: cioè la porta di casa mia. Ma la motivazione che spingerà il mio gesto, lo chiarisco subito, non deriverà dagli incarichi professionali o sindacali e nemmeno familiari (sono nonno tre volte, potrei essere utile per far fare i compiti ai nipoti che abitano in altri comuni). No, non sento il bisogno di scudi. La ribellione sarà contro un’imposizione che ritengo una follia: diciassette milioni di italiani sarebbero costretti agli arresti domiciliari prolungati solo per un motivo meramente anagrafico. Quindi contro contro ogni principio costituzionale. Che non troverebbe argine nemmeno nella banale giustificazione che verrebbe adottato per garantire la salute di questa massa di persone, quasi un terzo della popolazione italiana. Chiedo: perchè un ultrasessantenne attivo e in condizioni fisiche più o meno buone dovrebbe stare tappato, mentre potrebbero uscire senza difficoltà trentenni o quarantenni che, purtroppo, hanno patologie importanti?
Il dottor Vittorio Colao, che non ha avuto molta fortuna quando si è occupato di editoria nel gruppo Rcs Corriere della Sera, e che deve la sua fama ai telefonini e all’impegno in Vodafone, chiamato a far da guida all’incredibile schiera di 450 super esperti da un governo evidententemente inesperto, ha buttato giù una relazioncina che perfino il suo estimatore, il presidente del consiglio Giuseppe Conte, ha giudicato superficiale e priva di consistenza. Soprattutto sul punto che pretende di chiudere in casa i vecchi. Già, i vecchi. Ma oggi, superati i 60, siamo davvero come erano i nostri nonni? Erano vecchi, dicono i libri di storia, i Greci e i Romani a 49 anni. Erano vecchi a 58 anni al tempo delle guerre del Risorgimento. Poi a 62 quando cominciò il Novecento. Il boom economico spostò l’asticella a 65 anni. Più recentemente, fra il 2018 e il 2019, dissero che si diventava vecchi a 75 anni. E c’era un motivo politico-economico preciso: la volontà di far lavorare gli italiani almeno fino a 67 anni, dopo i disastrosi provvedimenti della professoressa Fornero in tema di pensioni
Dicevano: vuoi smettere di lavorare a 65 anni? Ma se sei nel pieno della maturità fisica e mentale! Era vero fino a un certo punto. Ci sono lavori usuranti che a una certa età non si possono più fare. Però dovevamo essere giovani tutti per produrre e non pesare sul malmesso Inps o sulle Casse degli altri istituti di previdenza non meglio ridotti. Ora, evidentemente, quei ragionamenti non vanno più bene. Per il dottor Colao gli ultrasessantenni devono stare a casa, e impegnarsi a lavorare in smart working anche se sono autisti, operai, camerieri, elettricisti, parrucchieri, panettieri. Come faranno? Impossibile ovviamente. E dovrebbero barricarsi in salotto anche professori, magistrati, cardinali, manager, capitani d’industria, cioè gente che allena quotidianamente la testa e ha ancora grandi capacità d’insegnare, processare, celebrare, dirigere.
Ma non basta, stavo dimenticando una categoria fondamentale, di cui, come sopra detto, sono parte: i nonni. Ci sarà un rompete le righe generalizzato, si dice, dal 4 maggio: molte mamme e molti babbi torneranno a lavorare. Chi penserà ai bambini? L’esercito dei nonni sarebbe pronto. Ma se non potesse uscire di casa come farebbe? E per favore, dottor Colao, vada lei a dire a una nonna di 68 anni, con la patente e capace di frequentare palestre e parrucchieri, che deve starsene rinchiusa perchè vecchia e a rischio malattia. Ci provi eppoi mi racconti. Anche nonne così disobbediranno. Come me. Ma verso di lei, egregio dottore, le nonne d’assalto potrebbero essere più aggressive. E più graffianti di queste righe che le dedico.
