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Silvia Romano non assicurata, pm vogliono verificare operato Associazione Onlus

Silvia Romano dopo il ritorno in Italia

ROMA – La Stampa di Torino, a firma di Grazia Longo, riporta un’interessante disamina sulla vicenda della cooperante convertita all’islam, che avrebbe dovuto essere assicurata dalla organizzazione per la quale operava. Anche su questo aspetto indaga la magistratura perché potrebbe ipotizzarsi una richiesta di risarcimento danni per i costi dell’operazione. Come sarebbe giusto. Non deve essere lo Stato, cioé tutti noi, a pagare l’imprudenza di soggetti con i grilli nel capo come Aisha, le due Simone, e tanti altri per i quali è stato pagato un riscatto dalla collettività, andato per di più a gruppi terroristici.

L’associazione onlus marchigiana Africa Milele, per conto della quale la venticinquenne milanese prestava volontariato nel villaggio di Chakama in Kenya, finisce nel mirino della Procura di Roma, visto che il pool antiterrorismo guidato dal pm Sergio Colaiocco punta a verificare se alla cooperante erano state garantite condizioni di sicurezza. Inoltre, la Farnesina potrebbe chiedere all’Ong i danni economici in sede civile. Purtroppo non per il riscatto, che il nostro governo nega di aver versato – mentre fonti dell’intelligente somala smentiscono e parlano di 1 milione e mezzo al rilascio più i pagamenti durante il passaggio di informazioni – quanto per le spese sostenute per i vari viaggi dei nostri 007 e degli inquirenti.

Infatti, in base all’articolo 19 bis della legge 43 del 2015, a proposito «dell’incolumità dei cittadini italiani che intraprendono viaggi in Paesi stranieri, resta fermo che le conseguenze dei viaggi ricadono nell’esclusivo responsabilità individuale di chi assume le decisione di intraprendere o di organizzare i viaggi stessi».

La Procura di Roma, a suo tempo perseguì i vertici della Bonatti spa di Parma, dopo il sequestro, nel 2015, di quattro tecnici (due dei quali persero la vita) in Libia. Al processo di primo grado sono stati condannate cinque persone tra cui i primi dirigenti della società. Il tribunale ha accolto la tesi del pm Colaiocco per il quale il rapimento dei quattro tecnici si sarebbe potuto evitare se l’impresa avesse adottato le misure di sicurezza necessarie. Gli inquirenti vogliono comunque verificare se la ragazza operasse in condizioni di sicurezza o meno.

La presidente dell’Africa Milele, assicura che non mancava la salvaguardia e la tutela della persona. «Ci tengo a precisare che Chakama non era zona rossa e che Silvia non è stata mai lasciata sola – esordisce -. È partita dall’Italia il 5 novembre con due volontari. Ad aspettarli inoltre c’era il mio compagno, che è il referente in Kenya dei progetti e della sicurezza, e un altro addetto alla sicurezza, entrambi Masai. I due volontari partiti con Silvia dovevano rientrare il 19 novembre e lei doveva andare con loro a Malindi per accogliere i nuovi che però hanno ritardato di due giorni perché avevano trovato un volo più economico. Così Silvia per caso è rimasta sola a Chakama. Il 20 è stata rapita».

Per Silvia, tra l’altro, non era stata ancora stipulata l’assicurazione che l’Ong in genere attiva e che copre da infortuni e malattia «perché non c’era stato il tempo materiale». Vedremo gli sviluppi di questa azione.ù, che potrebbe essere d’esempio per altri che, spinti dal loro generoso istinto, ma da poca prudenza, volesse tentare avventure rischiose in Africa, costringendo poi le Autorità a intervenire, finanziando gruppi terroristici.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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