Migranti e Ue, riforma del trattato di Dublino e redistribuzione restano una chimera

La controversa e irrisolta questione della redistribuzione dei migranti a livello Ue continua a bloccare la riforma del regolamento di Dublino sull’asilo. La Commissione ha ribadito più volte l’esigenza di una soluzione organica al problema, ma ancora le posizioni sul fronte dei ricollocamenti obbligatori restano lontanissime.
La Germania, che dal primo luglio avrà la presidenza di turno dell’Ue, chiede la redistribuzione obbligatoria. E lo stesso hanno fatto venerdì scorso l’Italia con Cipro, Grecia, Malta e Spagna in un documento informale sulla riforma del regolamento di Dublino sull’asilo, chiedendo di «introdurre un meccanismo di ricollocamenti obbligatori, che preveda la distribuzione tra tutti gli Stati membri» di migranti che «entrano nel territorio di uno Stato membro incluso come risultato di operazioni di ricerca e soccorso».
La Commissione punta anch’essa a una redistribuzione obbligatoria, come ha ribadito giorni fa la commissaria agli Affari Interni, Ylva lohansson. «Credo – ha dichiarato – sia possibile trovare un compromesso che sia abbastanza forte sul meccanismo obbligatorio di solidarietà. Questo significa che devono essere fatti ricollocamenti dai Paesi di primo ingresso nell’Unione, ed è possibile farlo in una maniera che sia accettabile sia da questi ultimi che dagli altri Paesi».
Intanto, a livello europeo, il fronte anti-redistribuzione anziché affievolirsi si sta rafforzando, con l’adesione di Slovenia ed Estonia. Recentemente i ministri dell’Interno dei Paesi Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria), nonché Estonia, Lettonia e Slovenia, hanno scritto una lettera a Johansson e al vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, sollevando «forti obiezioni a una redistribuzione obbligatoria in qualsiasi forma», chiedendo invece «il rafforzamento delle frontiere esterne dell’Ue e l’elaborazione di soluzioni per situazioni di crisi che consentano una reazione elastica».
La ministra Lamorgese si era fatta promotrice della lettera firmata dagli «Stati membri frontalieri del Mediterraneo» – Spagna, Grecia, Malta e Cipro – e recapitata direttamente a Bruxelles. La richiesta di un’equa distribuzione dei richiedenti asilo in tutti i Paesi Ue e dei rimpatri gestiti direttamente dall’Unione europea non è certo una novità: ci hanno provato tutti gli ultimi governi ricevendo grandi pacche sulle spalle, tanta solidarietà a parole, ma risultati col contagocce se non addirittura nulli.
Il nodo resta quello, ormai storico, di superare il Regolamento di Dublino, che impone allo Stato membro di primo ingresso ogni onere sulla gestione dei migranti. Ma i tentativi del Parlamento europeo si sono sempre infranti sugli scogli degli egoismi nazionali che hanno condizionato le decisioni del Consiglio europeo, l’accordo di Malta del 2019 si è rivelato un bluff, visto che per modificare Dublino vige il principio di unanimità che rende la riforma praticamente impossibile. Adesso il governo italiano punta da una parte deve trattare con Libia e Tunisia per frenare le partenze che sono ricominciate a valanga, dall’altra insiste per convincere l’Europa sulla redistribuzione dei migranti, una missione quasi impossibile, visto il prevalere degli egoismi nazionali.
