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Ocse: 500.000 posti di lavoro persi in Italia per la pandemia. Lo rileva l’Ocse

PARIGI – Covid, l’Italia in tre mesi ha perso 500mila posti di lavoro. È drammatico il bilancio delle conseguenze della pandemia sulla disoccupazione. Lo dicono i dati dell’ultimo rapporto Ocse presentato in un incontro dell’Università Cattolica. Un andamento peggiore che nel resto di molti altri Paesi colpiti dalla pandemia L’impatto sul mercato del lavoro del Covid-19 è stato immediato.

In pochi mesi i progressi fatti negli ultimi dieci anni sono stati spazzati via: nei 37 Paesi Ocse il tasso di disoccupazione è passato dal 5,3% di gennaio all’8,4% di maggio. Tra i paesi più colpiti c’è sicuramente l’Italia che in soli tre mesi ha perso 500mila posti di lavoro. Sono le implicazioni devastanti della crisi sanitaria sul mercato del lavoro internazionale e nazionale.

Le questioni lavorative legate alla pandemia e alla fase del lockdown sono state illustrate dall’economista Andrea Garnero, Direttorato per l’Occupazione e gli Affari Sociali, Ocse, nel webinar promosso giovedì 23 luglio sui social dell’Università Cattolica dal Dipartimento di Economia e Finanza e dal Centro di ricerca sul lavoro ”Carlo Dell’Aringa” (Crilda) presentando i principali risultati dell’Employment Outlook 2020: Facing the jobs crisis. Il rapporto, recentemente pubblicato e tra i più importanti al mondo sui temi del lavoro nei paesi più sviluppati, è dedicato infatti all’impatto dell’emergenza Covid e alle politiche che i governi nazionali dovrebbero implementare per ridurre gli effetti della pandemia sul lavoro e sui lavoratori.

Vi si legge che «nell’area OCSE, la caduta del Pil tra l’ultimo trimestre del 2019 e il secondo trimestre 2020 è stata pari più o menoal 15%». E ancora: Il numero di ore lavorate, per i paesi Ocse per i quali ci sono dati disponibili – Australia, Canada, Corea, Giappone, Stati Uniti, è caduto in misura 10 volte superiore nei primi tre mesi della crisi COVID-19 rispetto a quanto accaduto nei primi tre mesi della crisi finanziaria globale del 2008-2009.
I dati emersi dal rapporto non sono per nulla confortanti.  «In media nei 37 paesi Ocse il tasso di disoccupazione dal 2008 a oggi, dopo unarelativamente lenta diminuzione dal picco del 2010, da inizio 2020 in cui si era arrivati al 5,3% è schizzato all’8,5%, ad aprile, e poi, all’8,4%, a maggio. Quindi in pochi mesi sono stati spazzati via i progressi fatti in dieci anni”, ha detto Garnero. Ma la media nasconde notevoli differenze: per esempio in Italia, in Portogallo e anche in Grecia il tasso di disoccupazione è addirittura sceso tra marzo e aprile».

Un paragrafo sul caso italiano: «il caso italiano se guardiamo al totale degli occupati – che è un indicatore migliore ma non ancora il migliore – è che è sceso di 500mila nei tre mesi di marzo, aprile, maggio. È un numero molto importante con un calo ad aprile molto più forte anche rispetto ai mesi del picco della crisi del 2008. Tanto più importante e grave, ha aggiunto Garnero, ‘se pensiamo che la cassa integrazione era stata estesa a tutti ed era stato introdotto un divieto di licenziamento, ancora in vigore. Quindi nonostante due misure così radicali e così estreme, mai prese prima, il numero di occupati è sceso».

Come se non bastasse la fortissima perdita occupazionale è stata accompagnata da un crollo del numero di assunzioni: la variazione degli annunci giornalieri pubblicati online dalle imprese tra febbraio e giugno 2020 è stata molto forte, crollando in Italia del 30% e in altri paesi addirittura del 50-60%. Altro dato significativo è che tra i lavoratori rimasti occupati una grossa percentuale in realtà non era al lavoro. Se nell’aprile del 2019 circa il 5% delle persone non lavorava per ferie o malattie ad aprile 2020 un terzo dei lavoratori definiti occupati era in cassa integrazione, facendo registrare rispetto allo stesso mese dell’anno precedente un aumento del 33%. Inoltre, guardando il numero delle ore di lavoro nei primi tre mesi della crisi Covid-19, l’impatto iniziale è stato 10 volte tanto di quello della crisi del 2008: le ore di lavoro in Australia, Canada, Giappone, Corea, Svezia e Stati Uniti sono diminuite del 12,2% rispetto all’1,2% dei primi tre mesi della crisi 2008-2009. Una percentuale che è esplosa in Italia, tra i paesi più colpiti nell’areaOcse. «Se consideriamo il numero di occupati e le ore di lavoro di questi occupati il calo totale è stato circa del 28% più forte che in Canada, negli Stati Uniti e di altri paesi di cui disponiamo i dati», ha specificato l’economista.

Oscse, pandemia, posti lavoro

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