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Tagli alle pensioni: le motivazioni della sentenza della Consulta

ROMA – Il legislatore può “raffreddare” la rivalutazione automatica delle pensioni di elevato importo e imporre a carico delle stesse un prelievo di solidarietà, a condizione che osservi i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, anche in ordine alla durata della misura. È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 234 depositata oggi, decidendo sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Milano e da alcune sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti riguardo alle misure di contenimento della spesa previdenziale disposte dalla legge di bilancio 2019 a carico delle pensioni di elevato importo.

E’ stata bocciata dalla Corte Costituzionale la previsione della durata quinquennale del prelievo. Ad avviso della Consulta non deve essere superato l’orizzonte triennale. In particolare, per quanto riguarda il contributo di solidarietà, la Corte Costituzionale ha osservato che questa misura, «diretta al perseguimento dei già menzionati obiettivi triennali interni al sistema pensionistico, non viola i principi di ragionevolezza e proporzionalità e risulta costituzionalmente tollerabile in quanto opera secondo un criterio di progressività e fa comunque salvo il trattamento minimo di 100.000 euro lordi annui». Quindi la Consulta giustifica lo slogan «dagli ai ricchi», scatenato da sinistre, grillini, sindacati e parte dei mass media. Detto in parole povere, nei confronti dei cosiddetti ricchi (la soglia è 100.000 euro l’anno) si possono violare impunemente i diritti di chi ha lavorato onestamente per tutta una vita. La lettura della costituzione in salsa marxista potrà permettere in futuro di ridurre la soglia della ricchezza, ad esempio, a 50.000 euro l’anno, e credo che con il governo giallorosso ci si possa avviare presto verso questa strada.

Con riferimento alla durata massima del provvedimento, la Corte Costituzionale ha ritenuto tuttavia irragionevole per sproporzione la durata quinquennale del prelievo. Tale durata – rileva il comunicato di Palazzo della Consulta – è eccessiva rispetto all’ordinaria proiezione triennale del bilancio di previsione dello Stato e all’estensione nel tempo degli obiettivi perseguiti dalla misura, oltre che disallineata rispetto al limite temporale dell’intervento limitativo della perequazione, pur disposto nella medesima legge di bilancio.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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