Cadaveri fatti a pezzi in valigia: Elona Kalesha resta in carcere. Istanza rigettata

FIRENZE – Resterà in carcere, Elona Kalesha, ex fidanzata dei coniugi fatti a pezzi e ritrovati in alcune valigie vicino al carcere di Sollicciano, a Firenze. Il Tribunale del Riesame di Firenze ha rigettato l’istanza di scarcerazione presentata dai legali della 36enne albanese, detenuta dal 22 dicembre nel carcere fiorentino per i reati di duplice omicidio, occultamento e vilipendio dei cadaveri di Shpetim e Teuta Pasho, genitori dell’ex fidanzato Taulant Pasho, scomparsi a Firenze nel novembre del 2015.
I resti della coppia, fatti a pezzi, furono ritrovati, per caso, il 10 dicembre scorso e nei giorni seguenti in quattro valigie abbandonate in un campo tra la recinzione
del carcere di Sollicciano e la superstrada Firenze-Pisa-Livorno. Nel corso dell’udienza dell’8 gennaio, davanti al collegio presieduto dal giudice Anna Liguori, la difesa della 36enne, sostenuta dagli avvocati Federico Febbo e Antonio D’Orzi, aveva evidenziato l’assenza di prove e indizi tali da motivare la carcerazione della loro assistita, esprimendo perplessità su vari punti dell’indagine condotte dai carabinieri e coordinate dal pm Ornella Galeotti. In particolare, i legali dell’indagata avevano sottolineato che nessun testimone – tra i residenti del palazzo in via Felice Fontana, a Firenze, dove in un appartamento, affittato dalla 36enne per conto dei
genitori del fidanzato, sarebbe avvenuto il duplice omicidio secondo gli investigatori- sarebbe stato, di fatto, in grado di identificare Elona Kalesha. La stessa proprietaria dell’abitazione non l’avrebbe mai vista, ma l’avrebbe solo sentita telefonicamente, ricevendo per bonifico il saldo dell’affitto.
Il sostituto procuratore Ornella Galeotti ha prodotto, invece, nuovi documenti processuali, oltre quelli già noti alle parti, fra cui telefonate intercettate a Elona Kalesha a dicembre, quando ancora la 36enne non sapeva di essere stata iscritta nel registro degli indagati. La misura cautelare degli arresti in carcere nei confronti della
36enne era stata disposta dal gip del Tribunale di Firenze, Angelo Antonio Pezzuti che, nell’ordinanza, aveva evidenziato «il pericolo di fuga» in Albania e il pericolo concreto «e attuale di reiterazione di nuovi reati della stessa specie, in quanto sarebbe stabilmente inserita in un circuito criminale di relazioni strette con persone con
notevole calibro delinquenziale e presumibilmente nel compiere il duplice omicidio si è avvalsa dell’operato di complici». Dall’ordinanza del gip emerge, inoltre, che l’indagata cercò nell’autunno del 2015 e anche in queste ultime due settimane di depistare le indagini, celando la circostanza che i coniugi Pasho avessero soggiornato nell’appartamento di via Felice Fontana, inducendo la figlia Vitore a dichiarare il falso in ordine al luogo dove gli stessi avevano soggiornato l’ultima notte prima della loro scomparsa.
