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Governo, la caccia di Conte ai responsabili potrebbe infrangersi sullo scoglio Udc

Il presidente del consiglio, Giuseppe Conte (Foto ANSA)

Partendo dai 151 voti sicuri ai quali potrebbero aggiungersi anche altri 10 costruttori (come li ha definiti sostanzialmente Mattarella quando, nel suo discorso di fine anno, ha invitato le forze politiche a costruire il futuro del Paese), il premier Conte pensava di arrivare a tagliare il traguardo di quei 161 voti necessari al Senato per continuare la sua avventura con una terza maggioranza.

Quindi si dice che continui a cercare, con astuzia levantina, di convincere con promesse e incarichi da distribuire nel suo futuro partito altri personaggi in cerca del consolidamento della loro posizione politica o in cerca di un rientro in grande stile nell’agone politico (caso Mastella).

Ma i tentativi e le trattative così ben avviate, che si pensava portassero anche all’acquisizione dei voti di qualche Udc, se non addirittura di transfughi dalla stessa Iv, sembra si siano adesso arenate.

Dopo qualche esitazione iniziale di qualche suo componente, l’Udc avrebbe messo nero su bianco la volontà di restare nel centrodestra e non diventare la quarta gamba del governo dopo l’uscita di scena di Iv. Gettando nello sconforto chi, in queste ore, lavora per una soluzione, a caccia dei cosiddetti costruttori.

Secondo i rumors della politica, sarebbero venuti meno i passaggi di 8 senatori a fianco di Conte, e i numeri al momento non consentirebbero la permanenza del premier, abbarbicato alla sua sedia di palazzo Chigi.

Si riteneva possibile, col contributo fondamentale dei responsabili, di dare vita a un Conte ter, passando per le dimissioni del presidente del Consiglio e mettendo a punto una nuova squadra di governo. Anche per dare un respiro politico di lungo corso al progetto -sotto la guida dello stesso Conte- muovendo i passi da una componente centrista, l’Udc appunto staccata da Fi, per formare un gruppo autonomo, ma con un respiro più europeo, tanto da adottare nel logo il richiamo al Ppe.

Fino a ieri sera a Palazzo Chigi si respirava grande ottimismo, la partita sembrava chiusa e Conte sicuro di restare in sella. Ma sarebbero state sottovalutate, le resistenze di chi, al governo, non vorrebbe che si rimettesse mano alla squadra, in primis i 5 stelle. Le trattative si sono dunque arenate, tanto più che è stata successivamente resa nota la comunicazione con la quale l’Udc sembra aver definitivamente chiuso la porta.

La strada sarebbe di nuovo tutta in salita per Giuseppe Conte. E anche il sostegno possibile del Capo dello Stato a questo non certo esaltante tentativo, degno di alchimie del passato, sembra  ormai destinato a cadere, vista l’estrema difficoltà di un salvataggio in extremis del premier.

Non è un segreto per nessuno che il siculo presidente voglia far arrivare in ogni caso la legislatura al suo termine naturale del 2023, sia perché tutti i sondaggi danno, al momento in netto vantaggio il centrodestra, sia perché è necessario garantire una maggioranza parlamentare che, nel 2022, elegga un altro Presidente garante della sinistra, come avvenuto nelle ultime occasioni.

Ormai non resta che attendere il voto di martedì 20 gennaio, anche se non è escluso che quei poteri che hanno condotto e mantenuto al vertice politico il fino ad allora semisconosciuto avvocato di Volturara Appula, non intervengano per mantenerlo in sella nonostante tutto.


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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